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N°697
Scétate, Napule!
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N°712
Ai cittadini di Partenope “Città di Partenope” è un’identità.
commenti 0
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N°710 16-06-2008 - 20:53
Tags: Identità
Ai cittadini
di Partenope “Città di Partenope” è un’identità.
E’ un vestito messo
addosso ad un sentimento. Esiste già nel cuore di migliaia e migliaia
di persone. Noi ci muoviamo per valorizzare queste persone, fuori e
dentro la nostra polis. Questo gruppo vuole porsi come luogo d'incontro
per professionisti ed aspiranti tali che operano all'interno di una
città e di una regione così ricca di menti ma povera di possibilità,
allo scopo di dar loro l'opportunità di confrontarsi, creare nuove collaborazioni
e sbocchi concreti. Napoli è una città talmente ricca di tradizioni,
che ha bisogno di nuovi impulsi per sviluppare le sue enormi potenzialità
e valorizzare i suoi talenti... La cattiva gestione ha fatto sì che
cittadini e professionisti napoletani si vedessero cucita addosso un’etichetta
nera, fama amplificata dai media. Il nostro obiettivo è contrapporre
a questa scia di negatività il tessuto sociale ed economico sano, rafforzare
i campi di eccellenza grazie alla collaborazione di imprenditori, impiegati,
professionisti. Un gruppo, nato a dicembre 2007, già numeroso, che vuole
lanciare segnali alla città e dare vita a iniziative concrete. Cosa
si richiede agli aspiranti partenopei? Il rispetto di valori etici minimi
ma essenziali, che talvolta trascuriamo a causa della quotidianità convulsa
che viviamo, col rischio, più che reale, di assuefarci ad una normalità
lontana dalla norma. Chiunque non si riconosce nell’immagine del napoletano
oggi diffusa nel mondo, salti il fosso e si unisca a noi!! Sarà Partenopeo
con tanto di carta d’identità!!! E’ il nostro momento! Per coniugare
incontro e partecipazione.. cosa c'è di meglio di una bella serata insieme
al Centro di Napoli a giugno? Così dopo un summit dei moderatori di
CITTA’ DI PARTENOPE la decisione unanime di trovarsi con i membri -
storici, saltuari e nuovi - proprio qui a Napoli. Il ritrovo è fissato
per Mercoledì 18 giugno ore 19 e 20 presso il palazzo Berio in Via Toledo
256. Il nostro Claudio, membro del gruppo, per il terzo incontro live
della comunità aprirà le porte della AGRELLI & BASTA. La serata proseguirà
tra presentazione movimento, incontri di lavoro creativi e tante sorprese.
L'occasione per incontrarsi "dal vivo", conoscersi, ritrovarsi, e contribuire
alle riflessioni del gruppo xing e ai piani futuri. E per chi non è
ancora membro? .. la migliore occasione per conoscerci è unirsi a noi!
Vi aspettiamo!
*************************************
Per invitare altri
amici motivati inoltra loro, direttamente dal sito www.comunedipartenope.it
, la originalissima brochure personalizzata. Per partecipare al gruppo
sottoponi la tua candidatura compilando il form in www.xing.com/net/ne_cittadipartenope
Inviato da: vocedimegaride
- Commenti: 0
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____________________________
Messaggio
N°697 08-06-2008 - 00:13
Tags: Identità
Scétate,
Napule!
di Enrico Moscarelli
Sia
pure in presenza di una congiuntura internazionale molto seria, tuttavia
in particolare per Napoli (e credo per l’intero Sud) non si intravedono
prospettive positive di nessun genere. Per quanto riguarda, in particolare,
la Campania, che ormai è la regione più povera dell’Unione Europea,
reati che altrove non sono reati, saranno reati qui da noi, e in parte
già lo sono. Avremo, cioè, Leggi Speciali. Avremo presto anche una Magistratura
Speciale. Siamo stati ingiuriati davanti a tutto il mondo e nessuno
ci ha ancora chiesto scusa. Dei tanti nostri avvelenatori non si è saputo
fino ad ora neppure un nome. Si insiste nella volontà di utilizzare
discariche improponibili, manu militari. Di uno sviluppo, o quanto meno
della difesa della nostra economia, non si parla nemmeno. Sono elementi
che evidenziano un fatto: Napoli e dintorni si possono ormai ritenere,
a tutti gli effetti, da ultimo anche giuridici, una colonia del ricco
Nord. E tra poco avremo il federalismo. Ma nessun paese al mondo diventa
una federazione, dopo essere stato unitario. Le federazioni si fanno
prima, non dopo. Non si può parlare di federalismo dopo centocin-quant’anni
di vita unitaria, indirizzata nell’esclusivo interesse del Nord, con
de-industrializzazione del Sud, distruzione dell’agricoltura meridionale,
emigrazioni transoceaniche di milioni di cittadini, due guerre mondiali
con perdite umane spaventose. Non si può parlare di federalismo fiscale,
quando, alla fine del processo unitario, è evidente che una parte nord
è ricca, molto ricca, e una parte sud è povera, molto povera: non si
può, per decenza, imporre un federalismo, neppure se misericordiosamente
solidale. è cosa sperabile, ma davvero improbabile, si capisce, che
l’Italia inverta la rotta e marci verso l’uguaglianza, e quindi promuova
una politica economica, culturale, e via discorrendo, riequilibratrice
e quindi effettivamente riparatrice nei confronti del Sud (con o senza
il beneplacito dell’Europa, sempre pronta ad insorgere contro gli “aiuti
di Stato”, sebbene qui si tratterebbe di “restituzioni” di Stato). Ed
è evidente che l’Italia non intende dirigere le sue strategie politiche
ed economiche verso la realizzazione del principio costituzionale che
vuole la rimozione degli ostacoli all’uguaglianza dei cittadini, e anzi
sembra evidente che si dirige verso la direzione opposta. Pertanto,
se non intendiamo essere più, e ancor più, cittadini di serie B, e meno
che mai una colonia consapevole di esserlo, sarebbe nostro dovere morale
promuovere un Referendum per l’Indipendenza di Napoli e, se altri lo
vuole, del Sud. Non so chi potrebbe darci torto, visto che siamo sotto
la spazzatura, anche tossica, e terrorizzati da una criminalità che
lo Stato, con le sue polizie, i suoi servizi segreti e i suoi eserciti,
si dice incapace di eliminare e che lascia che strangoli la nostra asfittica
economia. Per lanciare i primi segnali in questa direzione, basterebbe
chiedere ai cittadini se non sia il caso di cambiare una certa toponomastica
di Napoli, davvero offensiva, come Via dei Mille, Piazza Garibaldi,
Piazza Cavour, Corso Vittorio Emanuele (il Corso, come è noto, fu voluto
da Ferdinando II di Borbone e fu una delle prime “tangenziali”). Potremmo
cominciare con il chiedere la restituzione dei resti di quei poveri
giovani meridionali che furono fatti morire perché non vollero tradire
il loro Paese per un’Italia in cui non credevano, ed erigere loro qualche
dignitoso monumento. Il mio sogno, a questo punto, se non è possibile
un’Italia che si possa e si debba amare, e che soprattutto renda giustizia
a chi da troppo tempo l’attende invano, è una Repubblica Napoletana,
una Napoli Città Libera d’Europa, ovvero una Campania Regione d’Europa,
ovvero una Repubblica Democratica dell’Italia Meridionale. Potremmo
solo così difendere direttamente Napoli e, se lo volesse, tutto il Sud,
non attraverso il filtro velenoso degli interessi degli affaristi del
Nord, proprietari di tutti i giornali, di tutte le tv e di tutte le
banche, che da sempre amano allearsi con i peggiori figli di questo
martoriato Paese.
Non sarebbe il caso di parlarne?
Inviato
da: vocedimegaride - Commenti: 3
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Inviato
da Anonimo
il 08/06/08 @ 00:35
Certo
che sarebbe il caso di parlarne..... Tutta i media meridionalisti hanno
gia' cominciato a parlarne da un bel po'.
Ma la maggior parte dei cittadini, della gente del Sud, e' ancora "distratta",
e' ancora inconsapevole, non ha ancora una pena coscienza di cio' che
e' veramente stata la realta' storica del nostro passato.
Ecco perche' si sta' procedendo per gradi.
Prima occorre che tutti gli abitanti del Sud ( e poi anche tutti gli
italiani) prendano coscienza della catastrofe del 1860 ai danni del
meridione e poi FINALMENTE possiamo parlarne.
E a quel punto, secondo me, si parlera' ben poco : si agira' !
Ambro
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Inviato
da Anonimo
il 08/06/08 @ 19:27
Nel presente contesto internazionale, a scatole
cinesi (Municipalità, Comune, Provincia, Regione, Stato…federale,
Unione Europea, NATO, ONU, e chi più ne ha, più ne metta),
non credo immaginabile una vera e propria lotta di liberazione nazionale,
che pure sarebbe una cosa doverosa e meravigliosa. Però, nonostante
si giochi su questa complicata scacchiera, non credo impossibile un
risveglio delle coscienze. I fatti e le minacce che ci sovrastano sono
talmente gravi, che bisogna proprio essere ciechi o in mala fede per
non vederli, per non prenderne atto. E un risveglio delle coscienze
comporta sempre qualche risultato politico. Ognuno deve fare nel migliore
dei modi il suo dovere, e coloro che hanno il dono di pensare autonomamente
hanno il dovere di aiutare gli altri a capire e di non stancarsi di
farlo. Il resto procede. Lo sanno così bene i prepotenti, da
impegnarsi sempre di più, con ammirevole consapevolezza, contro
l’elevazione culturale della gente, a partire dai bambini e dalla scuola
materna. Ed è per tale ragione che essi si impadroniscono dei
mass media, sottostimano i centri di cultura, cancellano ogni traccia
della nostra musica, della nostra storia dai libri di scuola. Si tratta
di una sistematica e accurata damnatio memoriae estremamente utile ai
fini dell’abbassamento della capacità e della voglia di pensare
con la propria testa. Insisterei, pertanto, nella proposta di iniziare
ad organizzare un referendum per l’indipendenza di Napoli, del Sud e
di chi lo voglia, referendum che potrebbe essere deriso, ostacolato,
che potrebbe non avere nessun seguito, ma che sarebbe, comunque, un
segnale di risveglio, perché sarebbe, in ogni caso, significativo
e clamoroso. Anche l’idea di una proposta, fatta con opportune modalità,
nelle sedi opportune, dell’elimi-nazione, per esempio (ma è solo
un esempio), di un singolo monumento, diciamo il monumento a Umberto
II, a S. Lucia, arrogante con quei pomposi baffoni, magari potrebbe
essere respinta, ma farebbe scalpore e indurrebbe a qualche riflessione
chi pensa che l’oro di Napoli sia Maradona. Cordialmente.
Enrico Moscarelli
__________________________________
Inviato
da Anonimo
il 08/06/08 @ 23:25
Sig. Moscarelli, sono con lei per quanto riguarda
i concetti che lei cosi' compiutamente espone.
Pero'sulle due proposte che lei propone, propendo maggiormente per la
seconda in quanto la vedo piu' facilmente concretizzabile. Per la prima
sua proposta, invece, rimango fermo sull'idea che il "risveglio
delle coscienze" non e' ancora stato completato..... c'e' ancora
molta strada da fare.
Ad astra per aspera !
Ambro
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Messaggio
N°685 27-05-2008 - 21:40
Tags: Identità
Denominazione
di Origine Napoletana
di d.o.n. Enrico Moscarelli
I
mass media di questo bel paese da tempo portano avanti una guerra non
dichiarata a Napoli. I napoletani vengono considerati, soprattutto dai
leghisti e dai loro alleati, quasi alla stregua di un’etnia indesiderata.
E come la conducono, i mass media, questa guerra? Ecco: non esponendo
nelle migliori vetrine il meglio che Napoli e il Sud producono nel campo
dell’industria, del commercio (sono rari gli accessi alle pubblicità
televisive di prodotti del Sud), così come nel campo della cultura,
della gastronomia, dell’arte, delle canzoni e quant’altro. Io, anzi,
do sempre questo consiglio: se un napoletano è in possesso, sfortunatamente
per lui, di una certa sub-cultura, meglio se ha anche un aspetto sgraziato
e inelegante, e ancora meglio se si esprime in modo grossolano e volgare
(l’optimum, poi, è, se si fa vedere mentre agita le braccia),
si presenti fiduciosamente a chi seleziona quanti appariranno in tv:
potrà agevolmente accedere ad importanti trasmissioni. Se, poi,
c’è qualche efferato delitto, da parte dei mass media si considera
normale, e anzi necessario, indagare fino alla settima generazione del
reo, per non perdere l’occasione di proclamare l’utilissima notizia
che il delinquente è napoletano o quanto meno “di origine napoletana”,
un complimento che viene riservato anche ai “romeni”, agli “albanesi”
e ad altri forestieri, ma che, ovviamente, nessun cronista si sogna
di fare, per esempio, ad un delinquente di Abbiategrasso, veneziano
o piacentino. Interi quartieri di Napoli, che io peraltro amo meno di
altri più sfortunati, sono abitati da cittadini benestanti, tranquilli,
normalmente colti e laboriosi: sono centinaia di migliaia di esseri
umani che non sanno di vivere al di fuori della storia: essi sono inesistenti
per i mass media, perché non corrispondono a ciò che sono,
anzi che “devono” essere, “i napoletani”. Non esistono. Se venissero
scoperti da qualche speleologo della notizia, potrebbero mettere in
difficoltà giornali e tv. Ma non certo adesso. Adesso, come una
manna dal cielo, è arrivata la spazzatura: un’opportunità
meravigliosa per i denigratori. Se poi, nella spazzatura partenopea,
c’è qualcosa di buono la si porta via (affinché i napoletani
non la guastino o la rubino) come giustamente fecero i liberatori piemontesi
quando scoprirono il tesoro di S. Gennaro, poi restituito, o come hanno
fatto, più di recente, quando hanno adocchiato l’antichissimo
Banco di Napoli, non ancora restituito. Un’altra tecnica è questa:
se proprio emerge qualcosa di innegabilmente positivo e di valido, non
se ne parla. Forse per non scandalizzare qualcuno con l’insolita e quindi
incredibile notizia. Ora, non scherziamo! Si è mai visto un paese
che fa la guerra ad una città che ne fa parte e che, per non
dire altro, conta decine di migliaia di morti in guerra per difenderla?
O si intende dar ragione all’intellettuale Calderoli che recentemente
ha dichiarato che “Napoli non è Italia”? Non mi hanno detto nulla
del DNA di Calderoli, anche perché, per me (non so se anche per
lui), tutti gli uomini sono uomini. Ma non credo che, oltre ad essere
un uomo, sia un gran lettore di classici antichi, anche perché
i nostri pensosi parlamentari non hanno tempo per queste sciocchezze.
Visto, però, che vengo a sapere dal “Corriere della Sera. it”
che, secondo l’ineffabile utente del medievale carroccio « Napoli
non è Italia », allora gli leggo un passo di Strabone,
dal libro V, che tratta appunto dell’Italia, che proprio al primo paragrafo
recita: « Più tardi, poi, dopo che i Romani ebbero concesso
il diritto di cittadinanza agli italici, essi decisero di concedere
lo stesso onore anche ai Galli cisalpini e ai Veneti » (Rizzoli,
1988, pag. 47). Vorrei anche ricordare che dapprincipio il nome Italia
fu riferito alla parte più meridionale della Calabria. Se quindi
Calderoli volesse proprio distinguere il suo glorioso e ricco paese
da Napoli e dal Sud, ci userà la cortesia di scegliersi un altro
nome… Attenzione: la guerra ai partenopei, immaginata da questa consorteria
di politici e di proprietari di giornali e tv, sta per diventare visibile
a tutti. Chi non si meraviglierebbe se la Francia dichiarasse guerra,
per esempio, a Marsiglia? Qualcuno potrebbe insinuare che io soffro
di una seria mania di persecuzione. Ma come la mettiamo con la precedente
notizia secondo cui Rutelli cassò Napoli dall’elenco delle principali
città turistiche italiane “fino a quando ci sarà immondizia
per le strade”? E superò se stesso quando declassò il
Forum Mondiale assegnato a Napoli per il 2013, a evento “minore”? Non
sono questi dei chiarissimi atti di ostilità? Ma forse questi
nemici di Napoli ignorano che i napoletani sono in questo pianeta, almeno
trenta milioni. Basteranno la sistematica disinformazione e la calunnia
a tenerli divisi e succubi? E fino a quando? Vorrei aggiungere solo
una breve postilla: non ho scritto quanto sopra solo perché sono
meridionale e napoletano, ma perché sono contro ogni forma di
razzismo e ritengo che questa vergogna dell’umanità (altro che
spazzatura!) dovrebbe essere severamente punita come un gravissimo comportamento
criminale. E Napoli, in “questa” miserevole Italia, incapace di un minimo
non dico di solidarietà ma di pudore, ne è vittima: qualcuno,
pertanto, non sottovaluti o trascuri, imitando importanti enciclopedie,
le Quattro Giornate di Napoli contro i nazisti. Napoli è molteplice,
multiculturale e multietnica da secoli, esempio di convivenza civile
e di fusione di popoli, e, quando è necessario, sa diventare
una.
Inviato da: vocedimegaride
- Commenti: 2
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Inviato
da Anonimo
il 27/05/08 @ 23:53
Beh, io lo dico papale papale.
Calderoli ha le sue convinzioni e, io sono sicuro, quelle convinzioni
lui non le cambiera' mai.
E' quindi " irrecuperabile " e " non suscettibile di
miglioramento ".
E quindi ... al bando le parole, i ragionamenti logici, le citazioni
dotte.
Con uno come Calderoli ci vuole un sacrosanto CUOFANO 'E MAZZATE !!
Ambro
__________________________________
Inviato
da Anonimo
il 28/05/08 @ 10:18
Decisamente Napoli è una realtà
storica e culturale che non potrà mai cadere nel processo di
globalizzazione, nonostante le coercizioni che subisce da tempo e che
si traducono in deculturizzazione dei napoletani, consumismo sfrenato,
amplificazione mediatica delle emergenze comuni a tutte le popolose
metropoli. C'è una grande anima antica che guida il popolo inconsapevole,
sempre attiva e dinamica come il fuoco che cova sotto le ceneri del
dio Vesuvio.
marina
_____________________________
Messaggio
N°670 11-05-2008 - 19:36
Tags: Identità
Indiani
d'America e "Briganti" Meridionali
di Lucio Garofalo
Intendo rievocare la memoria di altre terribili esperienze storiche
in cui sono stati consumati veri e propri eccidi
di massa, troppo spesso dimenticati o ignorati dalla storiografia e
dai mass-media ufficiali. Mi riferisco allo sterminio degli Indiani
d’America e ai massacri perpetrati a danno dei “Pellerossa” del Sud
Italia, vale a dire i briganti e i contadini del Regno delle Due Sicilie.
Dopo la scoperta del Nuovo Mondo ad opera di Cristoforo Colombo nel
1492, quando giunsero i primi coloni europei, il continente nordamericano
era popolato da circa un milione di Pellerossa raggruppati in 400 tribù
e in circa 300 famiglie linguistiche. Quando i coloni bianchi penetrarono
nelle sterminate praterie abitate dai Pellerossa, praticarono una caccia
spietata ai bisonti, il cui numero calò rapidamente e drasticamente
rischiando l’estinzione totale. I cacciatori bianchi contribuirono così
allo sterminio dei nativi che non potevano vivere senza questi animali,
da cui ricavavano cibo, pellicce ed altro ancora. Ma la strage degli
Indiani fu operata soprattutto dall’esercito statunitense che pur di
espandersi all'interno del Nord America cacciò ingiustamente
i nativi dalle loro terre attuando veri e propri massacri senza risparmiare
donne e bambini. I Pellerossa vennero letteralmente annientati attraverso
uno spietato genocidio. Oggi i Pellerossa non formano più una
nazione, sono stati espropriati non solo della terra che abitavano,
ma anche della memoria e dell’identità culturale. Infatti una
parte di essi si è integrata completamente nella civiltà
bianca, mentre un'altra parte vive reclusa in alcune centinaia di riserve
sparse nel territorio statunitense e in quello canadese. Un destino
simile, anche se in momenti e con dinamiche diverse , accomuna i Pellerossa
d'America e i Meridionali d'Italia. Questi furono chiamati “Briganti”,
vennero trucidati, torturati, incarcerati, umiliati. Si contarono 266
mila morti e 498 mila condannati. Uomini, donne, bambini e anziani subirono
la stessa sorte. Processi manovrati o assenti, esecuzioni sommarie,
confische dei beni. Ma noi Meridionali eravamo cittadini di uno Stato
molto ricco. Il Piemonte dei Savoia era fortemente indebitato con Francia
e Inghilterra, per cui doveva rimpinguare le proprie finanze. Il governo
della monarchia sabauda, guidato dallo scaltro e cinico Camillo Benso
conte di Cavour, progettò la più grande rapina della storia
moderna: cominciò a denigrare il popolo Meridionale per poi asservirlo
invadendone il territorio: il Regno delle Due Sicilie, lo Stato più
civile e pacifico d'Europa. Nessuno venne in nostro soccorso. Soltanto
alcuni fedeli mercenari Svizzeri rimasero a combattere fino all'ultimo
sugli spalti di Gaeta, sino alla capitolazione. I vincitori furono spietati.
Imposero tasse altissime, rastrellarono gli uomini per il servizio di
leva obbligatoria (che invece era già facoltativo nel Regno delle
Due Sicilie); si comportarono vigliaccamente verso la popolazione e
verso il regolare ma disciolto esercito borbonico, che insorsero. Ebbe
così inizio la rivolta dei Briganti Meridionali. Le leggi repressive
furono simili a quelle emanate a scapito dei Pellerossa. Le bande di
briganti che lottavano per la loro terra avevano un pizzico di dignità
e di ideali, combattevano un nemico invasore grazie anche al sostegno
delle masse popolari e contadine, deluse e tradite dalle false e ingannevoli
promesse concesse dal pirata massone e mercenario Giuseppe Garibaldi.
Contrariamente ad altre interpretazioni storico-meridionaliste, non
intendo equiparare il fenomeno del Brigantaggio meridionale alla Resistenza
partigiana del 1943-45. Per vari motivi, anzitutto per la semplice ragione
che nel primo caso si è trattato di una vile aggressione militare,
di una guerra di conquista violenta e sanguinosa (come è stata
del resto anche la guerra tra fascisti e antifascisti), ma che ha avuto
una durata molto più lunga (un intero decennio) dal 1860 al 1870.
Una guerra civile che ha provocato eccidi spaventosi, massacri di massa
in cui sono stati trucidati centinaia di migliaia di contadini e briganti
meridionali, persino donne, anziani e bambini, insomma un vero e proprio
genocidio perpetrato a scapito delle popolazioni del Sud Italia. Una
guerra che si è conclusa tragicamente dando inizio al fenomeno
dell’emigrazione di massa dei meridionali. Un esodo di proporzioni bibliche,
paragonabile alla diaspora del popolo ebraico. Infatti, i meridionali
sono sparsi e presenti nel mondo ad ogni latitudine, in ogni angolo
del pianeta, hanno messo radici ovunque, facendo la fortuna di numerose
nazioni: Argentina, Venezuela, Uruguay, Stati Uniti d’America, Svizzera,
Belgio, Germania, Australia, eccetera. Ripeto. Se si vuole comparare
la triste vicenda del Brigantaggio e della brutale repressione subita
dal popolo meridionale, con altre esperienze storiche, credo che l’accostamento
più giusto da suggerire sia appunto quello con i Pellerossa e
con le guerre indiane combattute proprio nello stesso periodo storico,
ossia verso la fine del XIX secolo. Guerre feroci e sanguinose che hanno
provocato una strage altrettanto raccapricciante, quella dei nativi
nordamericani. Un genocidio troppo spesso ignorato e dimenticato, come
quello a danno delle popolazioni dell’Italia meridionale. Nel contempo
condivido in parte il giudizio (forse troppo perentorio) rispetto al
carattere anacronistico, retrivo e antiprogressista, delle ragioni politiche,
storiche, sociali, che stanno alla base della strenua lotta combattuta
dai briganti meridionali. In politica ciò che è vecchio
è (quasi) sempre reazionario. Tuttavia, inviterei ad approfondire
meglio le motivazioni e le spinte ideali che hanno animato la resistenza
e la lotta di numerosi briganti contro i Piemontesi invasori. Non voglio
annoiare i lettori con le cifre relative ai numerosi primati detenuti
dalla monarchia borbonica e dal Regno delle Due Sicilie in vasti ambiti
dell’economia, della sanità, dell’istruzione eccetera, né
intendo in tal modo esternare sciocchi sentimenti di inutile nostalgia
rispetto ad una società arcaica, di stampo dispotico e aristocratico-feudale,
ossia ad un passato che fu prevalentemente di barbarie e oscurantismo,
di ingiustizia ed oppressione, di sfruttamento e asservimento delle
plebi rurali del nostro Meridione. Ma un dato è certo e inoppugnabile:
la monarchia sabauda era molto più retriva, molto più
rozza, ignorante e dispotica, meno illuminata di quella borbonica. Il
Regno delle Due Sicilie era indubbiamente molto più ricco, avanzato
e sviluppato del Regno dei Savoia, tant’è vero che esso rappresentava
un boccone assai invitante ed appetibile per tutte le maggiori potenze
europee, Inghilterra e Francia in testa. Tuttavia, questo è un
argomento vasto e complesso che richiederebbe un approfondimento adeguato.
Infine, concludo con una breve chiosa a proposito della tesi circa le
presunte spinte progressiste incarnate dai processi di unificazione
degli Stati nazionali nel XIX secolo e dello Stato europeo oggi. Non
mi pare che tali processi abbiano garantito un reale, autentico progresso
sociale, morale e civile, ma hanno favorito e generato quasi esclusivamente
uno sviluppo prettamente economico. Voglio dire che l’unificazione dei
mercati e dei capitali, prima a livello nazionale ed ora a livello europeo,
o addirittura globale, non coincide affatto con l’unificazione e con
l’integrazione dei popoli e delle culture, siano esse locali, regionali
o nazionali. Ovviamente, le forze autenticamente democratiche, progressiste
e rivoluzionarie devono puntare a raggiungere il secondo traguardo.
Inviato da: vocedimegaride
- Commenti: 2
riferimento
Inviato da Anonimo
il 11/05/08 @ 20:08
Le stesse cose dice sovente Paolo Granzotto su
Il Giornale. Sono ormai cose passate però, in certo modo, sempre
attuali
Maria
______________________________
Inviato da Anonimo
il 11/05/08 @ 22:59
Ogni
volta che vedo snocciolare, quasi freddamente, quei dati che attestano
la devastazione della mia Patria ed il genocidio spietato della mia
gente, mi si stringe il cuore.
Non riesco a farci l'abitudine
E pensare che molte volte si vuole anche il silenzio da parte nostra,
ci si chiede di non lamentarci. Il nostro lamento da' fastidio ......
E' come se agli ebrei si chiedesse di smetterla una buona volta di lamentarsi
dei forni crematori tedeschi. W il Sud. Sempre e ad ogni costo !
Ambro
________________________________
Messaggio
N°655 21-04-2008 - 11:19
Tags: Identità
Corrispondenza
da Scampia
di Domenico
Di Renzo
Un viaggio nella
periferia nord di Napoli tra miseria, indifferenza e voglia di normalità.
Napoli si stende lungo il litorale per vari chilometri, da Mergellina,
poi per via Toledo che è un’elegante strada napoletana, presidiata
da polizia e carabinieri che proprio su questa strada hanno il loro
comando provinciale, v'è la sede del Municipio con il Sindaco
e gli Assessori... passa per il Centro Direzionale, sede della Regione,
fino a salire verso il nord sempre meno ordinato e più popolare.
Abbandonato e solo, senza istituzioni, senza servizi, è un luogo
ideale “per farsi”. Tra i mucchi di siringhe lì disseminate,
i cumuli di spazzatura, la periferia nord di Napoli sembra lontana mille
miglia, dalle luci, dai negozi, dai presidi degli agenti di polizia,
dal centro bene della città. Eppure qui si trova un commissariato
di polizia, una caserma dei carabinieri, persino un comando di polizia
municipale. Secondigliano e Scampia raccolgono insieme, nella settima
ed ottava municipalità più di 300.000 cittadini e non
c’è un ospedale, un servizio d’ambulanza, un pronto soccorso.
Talvolta in casi eccezionali, “quando ci scappa il morto”, un posto
di blocco, una paletta e poi… l'oblio Chi passa di qui ormai non fa
caso a chi si buca, a quei fantasmi, agli zombi che provengono anche
da fuori provincia.. Non fa caso a niente. Si fa i fatti suoi, tira
a campare per amore di quiete. E' anche questa Napoli. Una strada sopraelevata
a scorrimento veloce ha nascosto il cielo del Don Guanella, una metropolitana
collinare,che sembra sperduta e male concepita, mucchi di spazzatura
ed un’umanità dolente, rassegnata, disfatta, dimenticata. Napoli
è anche questa. Una delle tante Napoli. Un caleidoscopio infinito
d’immagini. Un teatro che ci offre alternativamente maschere tragiche
e maschere comiche. Non è solo quella che è descritta
dai giornali. Ci sono Posillipo, Mergellina e Chiaia che si affacciano
su uno dei panorami più belli del mondo. C’è poi Capodimonte
e Colli Aminei. Napoli del Vomero e dell’Arenella, di Fuorigrotta...
c’è Bagnoli, la perla destinata all’inizio del secolo ad ospitare
i veleni dell’Italsider, distruggendo inopinatamente e criminalmente
il più spettacolare angolo paesaggistico della città.
È doveroso dirlo ma la città è stata abbandonata
da decenni nelle mani dei più sordidi affari. O meglio del malaffare.
Politica e collusioni. Tracotanza e potere. Dimenticanza ed incompetenza.
Servono casi eclatanti, malattie, rifiuti abbandonati nelle strade,
incidenti mortali, l’esplodere di delitti per svegliare le coscienze
della gente e spingere la società civile a ribellarsi. Non c’è
una sola camorra ma tante sono le camorre. Esse sono presenti ovunque
e come un cancro malefico estirpatane una le altre, come metastasi,
ricompaiono di nuovo. La camorra prolifica sull’ignoranza, sull’emigrazione
clandestina, sul sistema degli appalti, sulla munnezza, sulla mancanza
di lavoro, sulla miseria della gente, e soffoca tutta Napoli, da Mergellina
al Vomero,alla Ferrovia a Scampia. La camorra è un cancro che
va estirpato non solo con le forze dell’ordine ma con la diffusione
della cultura e della legalità come quotidiano che entra in casa
con il pane quotidiano, che ti parla non solo di cuore e mandolino,
di straordinarietà e d’emergenze continue ma di normalità
del vivere civile senza demagogia, senza ricerca di sensazionalismo.
Anche le istituzioni parlano di contrasto al malaffare intanto è
sotto gli occhi di tutti che l’università a Scampia, dopo le
fantasmagoriche dichiarazioni, dopo il buco delle fondazioni, non vedrà
mai la luce; la piazza collegata, dopo l’inizio dei lavori, dopo la
chiusura dell’arteria di Viale della Resistenza, è in coma irreversibile,
il campo di calcio di serie C, è ormai distrutto o fatiscente.
Si parla di precarietà del lavoro, ma quando sarà affrontato
seriamente il precariato, la continua emergenza cui la zona Nord di
Napoli è stata condannata. Nel 1994 si parlò del “Rinascimento”
di Napoli. La realtà sarebbe dovuta essere un’altra. Si doveva
semplicemente parlare di ritorno alla “normalità. Bisognava che
chi si era impegnato nell’opera di amplificare, di propagandare all’infinito
idee e personaggi, ricordasse che raccogliere l’immondizia dalle strade,
pattugliare un quartiere a rischio, rendere più vivibile una
piazza sgombrandola da centinaia d’auto parcheggiate senza ordine alcuno
significa soltanto passare dalla sub-normalità alla normalità,
significa ridare ai cittadini il loro diritto di vivere il loro quartiere,
la propria città come semplicemente accade altrove. Quando si
ripristina la vivibilità,non si può e non si deve parlare
di miracolo, di un evento straordinario. La normalità non deve
mai apparire come un fatto eccezionale. Napoli vuole vivere di normalità.
Il terremoto del 1980 ha visto il prolificare di quartieri ghetto: Scampia,
il Bronx di San Giovanni a Teduccio, Ponticelli che, come le Vele di
Scampia, inseguivano il sogno impossibile, studiato a tavolino, di creare
edifici-comunità dove la gente si sarebbe incontrata in un progetto
di vita comune e solidale. Hanno invece creato dei lager dell’illegalità,
ad uso e consumo dei clan camorristici. Le Vele di Scampia, senza mezzi
termini, andavano abbattute. Subito. Ieri, non domani. Non si fa“la
rivoluzione” stando nei salotti. Dobbiamo denunciare che dopo un primo
sgombero, si tollera che vi sia una rioccupazione degli appartamenti,
che vi sia una ricostruzione delle scale e che una nuova umanità,
proveniente dalle zone più degradate del territorio ne riprenda
il possesso. Sotto lo sguardo vigile della Camorra, con le complicità
della politica. Complice dicevamo e sosteniamo il lassismo imperante,
la mancanza di controllo delle istituzioni, la connivenza delle frange
estreme e radicali. Non c’è nessuna giustificazione nel consegnare
al malaffare il controllo di chi entra o chi esce dalle case popolari,
nel sopportare la demagogia, nel condannare gli altri assegnatari a
crescere i propri figli nel degrado tra siringhe e rifiuti e topi. Povera
Napoli. Scampia e Secondigliano due realtà ma, da sempre, una
diversa dall’altra. Secondigliano è molto diverso da Scampia,
un quartiere che risale fino all’epoca dei grandi casali, con una sua
storia,i suoi prodotti, le sue sagre, le sue feste, le sue chiese. Fino
a metà degli anni Ottanta Secondigliano, era una fucina di attività.
C’era la Banca popolare di Secondigliano, crocevia della zona e degli
interessi del quartiere, c’erano circoli culturali e sportivi, imprese
agricole ed artigianali, come prima, fin da epoca medioevale, c’era
stata la lavorazione del baco da seta e del cuoio,dello strutto, mulini
e pastifici, la coltivazione delle ciliege. C’erano un giornalino locale,
cinque cinematografi e un teatro . Ora non c’è più niente,
si è persa l’identità. Si è voluto che tutto morisse,
così quel vuoto è stato riempito da altri, che si sono
impossessati del territorio. Scampia, nato nel 1974, è noto come
il quartiere 167, “ la 167 “ dal numero della legge sull’edilizia popolare
in base alla quale è nato, cresciuto, scoppiato. Era destinato
ad essere un quartiere residenziale, modello. Luogo di scambio con la
provincia, sede di istituzioni decentralizzate, dal caotico centro di
Napoli. Più verde, più servizi. Poi il terremoto, quello
vero e Scampia, è abortita, ammalata, perennemente in affanno
, in coma, non reversibile. La gente vi è stata portata, o come
dirla deportata. Stratificazioni di gente diversa, di zone diverse,
di diverse educazione, di diversa o poca cultura. E’ un ghetto, senza
semafori, senza negozi, senza aggregazione . Un susseguirsi, un agglomerato
di casermoni, di case, senza servizi. Segno distintivo le Vele, costruite
dall’architetto Franz di Salvo, un luminare, internazionalmente riconosciuto
ed osannato. Quando furono costruite erano sette, l’una sull’altra,
senza sole, senza aria, senza anima, senza scampo. Due di esse sono
state abbattute solo dopo venti anni, solo dopo che è stato ufficialmente
riconosciuto da vari esperti, partoriti dalla stessa mentalità,
che si era imposta la rappresentazione anche architettonica della massa
amorfa, dei soli principi del lavoro e del quartiere dormitorio, che
gli edifici non rispondono ai basilari principi di abitabilità,
di vivibilità. Scampia, ora, con Chiaiano e Piscinola fa parte
della ottava Municipalità,con circa 120.000 abitanti, con sparute
attività commerciali, senza presidi medici, poche farmacie, senza
cinema, ristoranti, un teatro, senza piazze, con le sue chiese, ricavate
in prefabbricati, senza luoghi di incontro,senz’anima né storia,
né tradizioni, senza attività produttive, con la maggiore
presenza di giovani, come la maggiore percentuale di abbandono scolastico,
non può che rappresentare un regalo prezioso per la Camorra.
Affollamento, mancanza di lavoro, precariato della vita, discriminazione
sociale ed intellettuale, voglia di rivincita ed esempi sbagliati, hanno
fatto di Scampia la principale centrale di smercio di droga di tutta
la provincia di Napoli e di quelle limitrofe, il più grande supermarket
italiano di stupefacenti: eroina, cocaina, e quanto altro esiste in
natura o derivante da sintetizzazione chimica. Anche perché esiste
una capillare distribuzione con prezzi molto competitivi e bassi. Scampia
è abbandonata a se stessa. Ma c’è tanta voglia di legalità
e di normalità. C’è tanta voglia da parte della gente
di riappropriarsi del territorio. Il comune avrebbe dovuto passare alle
municipalità, ogni tipo di competenza, ogni tipo di decisione,
ogni potere, in nome del decentramento. Ma questo non è stato.
Le municipalità, sono mutilate, inesistenti ed anche esse si
dibattono tra mancanze di ogni genere. Scampia e Secondigliano 300.000
cittadini circa, non possono competere assolutamente con le più
fortunate cittadine di media consistenza del centro-nord, dotate anche
se piccole di tutti i servizi. A tutto questo saranno chiamate le istituzioni
e gli organi presenti sul territorio, perché sia ripristinata
ogni normalità, perché non siano più consentiti
ogni altro tipo di abuso,perché sia rispettata legalità
e voglia di vivere. Saranno esse in grado di trasmettere, Sicurezza
e presenza, lo speriamo vivamente, perché Napoli, già
in affanno per una politica scriteriata e rinunciataria, non potrà
risorgere senza passare prima per le sue stesse periferie.
Inviato da: vocedimegaride
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Messaggio
N°646 06-04-2008 - 19:11
Tags: Identità
UN MUSEO
NAVALE PER NAPOLI
http://www.petitiononline.com/2008navy/petition.html
è l'indirizzo della petizione poc'anzi da noi lanciata in rete;
ve ne chiediamo sottoscrizione e massima diffusione. - la redazione
-
Al Presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano
Al Capo di Stato Maggiore della Difesa generale Vincenzo Camporini
Al Capo di Stato Maggiore della Marina Militare ammiraglio di Squadra
Paolo La Rosa
Al Ministro della DIFESA in carica
Al Presidente della Regione Campania
Al Presidente della Provincia di Napoli
Al Sindaco di Napoli
PETIZIONE POPOLARE
PER L’EDIFICAZIONE E L’ORGANIZZAZIONE DI UN MUSEO STORICO NAVALE IN
NAPOLI
Illustri Signori,
è innegabile che la Storia della Marina Militare Italiana principiò
sotto il cielo napoletano, ove si acclarò quale Real Marina –
in Europa, seconda solo agli Inglesi - durante il glorioso Regno delle
Due Sicilie, che fu poi colonizzato e ingiustamente “continentalizzato”
in epoca post-risorgimentale quindi deprivato delle sue massime peculiarità:
la flotta mercantile e quella militare, i numerosi porti e la marineria,
i collegi militari, la cantieristica navale, le attività marittime
e marinare e gli scambi commerciali, sprofondando, così, il Mezzogiorno
d’Italia nel vortice del declino che l’ha frullato nel budino ch’è
ora, ovvero il bacino depresso d’Italia e d’Europa. Tanta “acqua”… del
mare nostrum è passata sotto i ponti dell’oblio e del disfacimento
dell’orgoglio identitario delle genti marinare del Sud dell’Italia ed
oggi più che mai si ha la necessità ed il dovere morale
ed istituzionale di recuperare Dignità a costoro ed alle loro
gloriose radici offese, occultate. E’ incredibile come ad una città
quale Napoli, sorta tra i seni salati di una dolce creatura marina che
è il simbolo stesso dei nostri antichissimi natali e della nostra
più intima essenza, la storia del ‘900 abbia praticato una lobotomia
radicale, privandola persino delle memorie, della personalità,
per relegarla esclusivamente nella volgare iconografia folkloristica,
ch’è – mi perdonino – autentica pornografia. I tempi odierni
che vedono l’affaccendarsi di tutte le più importanti Istituzioni
di Stato al capezzale della “dichiarata” moribonda Napoli, laddove si
cercano disperatamente medici e medicine anche costosissime, per rimetterla
in piedi, non fanno sperare nel miracolo a breve della sua guarigione.
Un input vivificante sarebbe rintracciabile esclusivamente nel riacculturamento
delle genti napoletane, restituendo loro la storia negata ed insieme
l’orgoglio. I tempi moderni del federalismo invitano i piccoli popoli
d’Italia alla riacquisizione delle lingue e dei dialetti, delle tradizioni,
usi e costumi e della storia di ognuno, differente secondo ogni diversa
coordinata geografica e comunque tutti – nessuno escluso – partecipi
della Dignità Nazionale Italica. Sarebbe l’ora di restituire
anche a Napoli il privilegio dei suoi primati, delle sue eccellenze
in numerosi campi dell’ingegno e della cultura, che vanno al di là
dell’abusato “pizza e mandolino” , “camorra e tammorra”, “monnezza e
assistenzialismo”. Conosciamo bene l’attività dell’eccellente
MariDist di Napoli per la sua notevole sensibilità culturale
e per il suo rispettoso amore per le origini partenopee della Marina
Italiana ampiamente dimostrate, per esempio, durante la presentazione
della mostra de “I rami dell’Atlante Marittimo” Napoletano e di altri
eventi grandiosi ai quali non è mai stato dato, a nostro avviso,
il giusto riconoscimento nazionale e la piena diffusione massmediatica.
Confidiamo che vogliate condividere e sostenere, anche nell’opportunità
di un rilancio turistico di questa città UNICA AL MONDO, la richiesta
di noi che amiamo Napoli - e che siamo tra i pochi privilegiati ad avere
avuto la possibilità di poterne approfondire la conoscenza storica
– per l’edificazione e l’organizzazione di quel Museo Navale che riteniamo
debba spettare di diritto alla “mamma” per eccellenza della Marina Militare
Italiana, che si è fregiata per lungo tempo del titolo di Ammiraglia
dei mari d’Europa, che ha dato alla luce generazioni e generazioni di
coraggiosi marinai ed esploratori. Con un rapido accenno ai lontanissimi
successi in soccorso alla flotta della Serenissima, nella battaglia
di Lepanto, non dimentichiamo i suoi eccellenti primati nazionali, europei
e mondiali, tra i quali:
1783 – Primo Codice Marittimo (Michele Jorio) adottato, poi, anche da
altre Nazioni;
1792 - Primo Atlante Marittimo – Rizzi Zannoni – elaborato dalla prestigiosa
Scuola di Cartografia Marittima;
1818 – Prima nave a vapore “Ferdinando I”;
1833 – Prima nave da crociera “Francesco I” in Europa;
1836 – Prima compagnia di navigazione a vapore nel Mediterraneo, e agenzia
marittima;
1841 – Primo sistema a fari lenticolari a luce costante in Italia;
1843 – Prima nave da guerra a vapore d’Italia, pirofregata “Ercole”,
varata a Castellammare;
1852 – Primo bacino di carenaggio in muratura in Italia, Porto di Napoli;
1852 – Primo telegrafo in Italia;
1853 – Primo piroscafo nel Mediterraneo per l’America , il “Sicilia”
della Società Sicula Transatlantica del palermitano Salvatore
De Pace. gg. di navigazione 26;
1860 – Prima flotta mercantile e prima Flotta Militare d’Italia (seconda
al mondo);
1860 – Prima nave ad elica “Monarca” varata a Castellammare; che fu
la prima ammiraglia del successivo Regno d’Italia e sul cui disegno
fu realizzata la più recente “Vespucci”, nostra gloria nazionale;
1860 – La più grande Industria Navale d’Italia per numero di
operai ( Castellammare, 2000 operai)…
… e sono solo alcuni…
L’onestà intellettuale che deve essere requisito fondamentale
delle Istituzioni Pubbliche, deve riconoscere a Napoli le sue prerogative
e le sue eccellenze, se davvero si vuole seminare nella Napoli “smarrita”
di oggi, l’orgoglio che scaturisce dal senso dell’appartenenza e se
se ne vuole rilanciare una più decorosa immagine. A prescindere
quindi dal fatto che Napoli merita ed esige il suo Museo Navale, i napoletani
meritano ed esigono la Dignità che gli spetta…perché il
solo “Museo dell’Emigrante”, sinceramente, li offende.
VAI SU http://www.petitiononline.com/2008navy/petition.html E FIRMA!
Inviato da: vocedimegaride
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Inviato da Anonimo
il 07/04/08 @ 12:39
Iniziativa lodevole e meritoria che si basa sulla
rivalutazione di fatti storici precisi ed inoppugnabili.Un'iniziativa
che contribuisce a far si' che a Napoli, e alla sua cultura, venga restituita
giustizia oltre che dignita'
Ambro
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Inviato da Anonimo
il 07/04/08 @ 13:08
Ci sarebbe anche il Catechismo Nautico di Marcello
Eusebio Scotti (procidano) del 1788, primo e forse unico trattato sui
"Doveri di tutti gli abitatori delle città marittime"...
__________________________________
Inviato da vocedimegaride
il 07/04/08 @ 13:57
UNA NAVE DI BRIGANTI E INSORGENTI Giovedì
10 aprile 2008 incontriamoci per dire basta alla casta Un segnale di
protesta verso il disastro economico e ambientale che ha colpito Napoli
attraverso l’incapacità di chi governa a livello centrale e locale.
Rendere costruttivo il senso di sfiducia verso la "Casta"
e la sua autoreferenzialità, che la rende incapace di ascoltare
la voce ed i problemi reali della gente, dando vita, insieme, ad una
sana insorgenza. Questo il senso della manifestazione che la nostra
testata “Il Brigante”, insieme al Movimento "Insorgenza Civile"
e all’Associazione "Opus Teatra" sta organizzando per giovedì
10 aprile 2008 con l’obiettivo di mettere a fuoco proposte costruttive
da proporre ed imporre alla prossima classe politica. Invitiamo i cittadini
a partecipare al progetto di rivalorizzazione della cultura e tradizioni
napoletane contattando la nostra redazione o "Insorgenza Civile".
L’incontro, che è nella piena fase di organizzazione e definizione
delle adesioni, si articolerà in una conferenza stampa prevista
per le ore 10:30 alla Stazione Marittima di Napoli presso la Sala Conferenze
della Lauro.it A presentare l’iniziativa un primo gruppo di inguaribili
innamorati del Sud: Salvatore Lauro, Pasquale Squitieri, Enrico Durazzo
e Vittoria Mariani con veloci interventi moderati dal direttore Gino
Giammarino. In serata, a partire dalle ore 19:00, si prenderà
il largo dal Molo Beverello su una nave messa a disposizione dal gruppo
Lauro dove una serie di performance intratterranno cittadini, artisti,
professionisti, giornalisti e liberi pensatori che potranno confrontare
e mettere a fuoco idee e progetti possibili per un vero "cambiamento
di rotta" nell'amministrazione dei nostri territori. Si dispensa
dalla partecipazione eventuali candidati alle elezioni politiche di
qualsiasi livello.
Per contatti e informazioni: Redazione Il Brigante tel. 081 4972320
mail: info@ilbrigante.com
Insorgenza Civile Vittoria Mariani tel. 333 8298289
mail: vittoria_mariani@fastwebnet.it
Inviato da Anonimo
il 10/04/08 @ 16:39
Al di là di ogni considerazione limitata
nel tempo storico, Napoli è stata sempre terra di mare e di marineria.
Merita questo riconoscimento, come tanti altri.Con l'augurio che passata
la nuttata e la politica dei piccoli passi, dei più recenti baci
ed abbracci, di quelli stessi rappresentanti odierni di una classe politica
sorda , cieca, collusa e mallevatrice della politica fallimentare napoletana,
ci possa essere un vero rinascimento in caso contrario, a chi è
legato ad essa , peste lo colga.
Domenico Di Renzo.
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Inviato da Anonimo
il 07/04/08 @ 20:56
Per una delle solite follie dei giorni nostri,
corre voce che si voglia demolire l'Arsenale borbonico, per dare spazio
al diportismo nautico, nell'ambito di una "ristrutturazione"
(?!) del porto. E perché, viceversa, non pensare proprio a quello
spazio come sede dell'auspicato museo?
Sergio Zazzera
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Messaggio
N°617 14-03-2008 - 10:51
Tags: Identità
via crucis
negli scavi di Cuma
Ufficio-stampa
cirobiondi@alice.it
Alle
riscoperta delle radici del cristianesimo flegreo con i giovani della
diocesi. Domenica 16 marzo (ore 15,30) via Crucis dei giovani presieduta
dal vescovo di Pozzuoli Ripercorrere i sentieri delle origini della
nostra fede. Questo il motivo per cui l'Ufficio diocesano di pastorale
giovanile ha scelto quest'anno di realizzare nel sito archeologico di
Cuma la Via Crucis dei giovani, che si svolgerà domenica 16 marzo,
con inizio alle ore 15.30.
«Avvertiamo un forte desiderio - afferma don Mario Russo, responsabile
della pastorale giovanile della diocesi puteolana - di riscoprire le
radici del cristianesimo nel nostro territorio, anche in previsione
dell'ormai prossima proclamazione da parte del Santo Padre dell'Anno
Paolino, che inevitabilmente ci vedrà protagonisti, per il fatto
stesso che già negli Atti degli Apostoli si parla di una comunità
cristiana a Pozzuoli che accolse San Paolo. Fare una Via Crucis a Cuma
significa proprio ritrovarsi su quei luoghi che testimoniano i segni
di quella presenza: pensiamo alla Basilica paleocristiana con il battistero
o ai numerosi graffiti cristiani».
Significativa anche la scelta di affidare ai giovani di ogni forania
la lettura di preghiere nelle stazioni della Via Crucis, con l'individuazione
di tematiche di grande attualità (giustizia, solidarietà).
Saranno loro a portare la Croce e le fiaccole accese. In particolare
la prima stazione, "Gesù condannato alla morte di croce"
(nella quale ci si soffermerà sul tema della giustizia), sarà
affidata ai giovani della forania di Fuorigrotta; la seconda, "Gesù
incontra sua madre" (riflessioni sul tema "Sì di Maria
fino alla fine"), alla forania di Soccavo; la terza, "Gesù
aiutato da Simone di Cirene" (tema della solidarietà), alla
forania di Bagnoli; la quarta, "Gesù riceve l'omaggio della
Veronica" (soffermandosi sul volto di Gesù), alle foranie
di Pozzuoli 1 e Pozzuoli 2; la quinta, "Gesù spogliato delle
vesti" (tema della dignità dell'uomo), alla forania di Quarto;
la sesta, "Gesù inchiodato, muore in croce", alla forania
di Bacoli - Monte di Procida. La Via Crucis si chiuderà con un
messaggio di fiducia verso il futuro. Infatti nella settimana stazione,
"Gesù deposto nel sepolcro", affidata ai giovani della
forania di Pianura, si punterà l'attenzione sul tema: "Il
silenzio della speranza".
Per accedere all'area archeologica è necessario avere un pass
che è distribuito in questi giorni nella parrocchia Sacro Cuore
ai Gerolomini in Via Giuseppe Chiaro, 6 a Pozzuoli (081.5261727)
Inviato da: vocedimegaride
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Messaggio
N°599 22-02-2008 - 21:10
Tags: Identità
La tradizione
dei primati del Sud
PARLIAMO DI
INDUSTRIA SERIA: L’ANSALDO
di Antimo Ceparano
Nella
Storia Industriale Italiana l’Ansaldo è indicata come realtà
genovese. In parte, è vero. In parte, non è così.
Per capire qualcosa bisogna andare indietro nel tempo. In modo specifico
nella zona della Stazione
Centrale di Napoli dove un buffo signore troneggia e resta impotente
a vigilare su ladruncoli e prostitute, figli di una conquista da lui
voluta e gestita da un re straniero, sgraziato ed arrogante. Dicevo
che in quella zona, comunemente detta delle Case Nuove (‘e case nove)
c’era la prima fabbrica di automobili creata in Italia, qualche anno
prima della FIAT e dell’Alfa Romeo, quest’ultima, creazione dell’ing.
Romeo nativo di sant’Antimo (Na) e anche lui, da buon meridionale, meritevole
di veri elogi ma privo di statue che ne ricordino l’autorevolezza (al
contrario di chi, rubando Regni e macellando Popoli, è considerato
il Padre della Patria). Da quell’antica fabbrica cominciò l’evoluzione
industriale di un Sud sempre operoso e generoso, all’avanguardia, che
di mutazione in mutazione portò ai cantieri Amstrong, alla S.E.N.
(società elettrica napoletana) da cui sorsero in contemporanea
due rami, per farla breve, l’attuale ENEL e l’Ocren trasformata poi
in Italtrafo e in ultimo Ansaldo.
L’Ansaldo di Napoli ha subito un’evoluzione sostanziale e strategica
che in un ventennio appena l’ha portata a trasformare una parte del
business in una realtà come l’Ansaldo Trasporti Sistemi Ferroviari
che ad oggi detiene (dopo appena sette anni di presenza autonoma sulla
scena mondiale) la gestione di circa il 20 per cento del teatro industriale
del sistema trasporti mondiale, ponendosi da pari a pari, se non superando
colossi come la Siemens.
Oggi, Ansaldo Napoli (ATSF) e Ansaldo Signal sono sulla via di una fusione
industriale, per dare vita a una Multinazionale del sistema e del segnalamento
dei trasporti progettualmente mai concepita prima d’ora. E’ il caso
di dire che le Menti che regolano e che lavorano in un modo eccelso
a tutto questo sono Meridionali e per di più campani: l’ing.
De Luca e l’ing. Roberti. Rappresentanti meravigliosi di una classe
dirigente guida che comunque esiste e va valorizzata nonostante la tanto
declamata “munnezza” che ci circonda.
(immagine: ritratto dell'ing. Nicola Romeo)
Inviato da: vocedimegaride
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Inviato da Anonimo
il 22/02/08 @ 21:46
Bravo Antimo
Ti ho letto anche su " Il Brigante ".
Continua cosi' nella tua opera meritoria di ricordare a tutti cosa siamo
stati e cosa ANCORA OGGI SIAMO.
Io vorrei tanto che i giovani leggessero queste cose, ma ahime', io
purtroppo li sento lontani e con la mente confusa o annebbiata da altre
cose.....
Ambro
_______________________________
Messaggio
N°576 27-01-2008 - 12:16
Tags: Identità
Ricordiamoli
TUTTI gli olocausti sulla Terra
di Claudio
Moffa
LA MEMORIA E LE MEMORIE: DI TUTTI, PER TUTTI
L’UNIVERSITA’
DI STATO TAPPA LA BOCCA AL PAPA MA SPALANCA LE PORTE ALLA GIORNATA DELLA
MEMORIA DEI SOLI EBREI. CERIMONIA RELIGIOSA PIU CHE STORIA, DA VAGLIARE
CON ATTENZIONE E SENZA TABU’: A COMINCIARE DA UN ARTICOLO DEL THE AMERICAN
HEBREW DEL 1919, NEL QUALE GIA’ COMPAIONO IL TERMINE “OLOCAUSTO” E LA
CIFRA 6 MILIONI (UN NUMERO CABALISTICO? PER QUESTO INCRITICABILE FINO
A CONDANNARE IN FRANCIA, AUSTRIA E GERMANIA CHI LO METTE IN DISCUSSIONE?)
COME COSTITUENTI ESSENZIALI DEL MITO DELLA “CROCIFISSIONE” DEL POPOLO
ELETTO. MA ATTENDERE AL RITO – MENTRE ISRAELE MASSACRA I PALESTINESI
DI GAZA, SOLLEVANDO INDIGNAZIONE NELLA COMUNITA’ INTERNAZIONALE - E’
VERAMENTE OBBLIGATORIO? I DOCENTI E STUDENTI VERAMENTE LAICI, VERAMENTE
COMUNISTI, VERAMENTE CATTOLICI, VERAMENTE LIBERALI, VERAMENTE FASCISTI,
DEBBONO PARTECIPARE O POSSONO ASTERNERSI IN PIENA LEGITTIMITA’? SE COSI’
FOSSE, OGNUNO POTREBBE CELEBRARE I PROPRI MORTI, O MEGLIO ANCORA TUTTI,
ASSIEME, POTREBBERO RICORDARE TUTTI I MORTI, QUELLI EBREI COMPRESI,
DELL’IMMANE CARNEFICINA DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE: MAGARI NON A
GENNAIO, MA NELL’ANNIVERSARIO DELLA FINE DELLA II GUERRA MONDIALE, O
IN QUELLO DELL’OLOCAUSTO DI HIROSHIMA E NAGASAKI, IL CRIMINE DI GUERRA
PERPETRATO DAL CAPITANO LEWIS DELLA US AIR FORCE IL 6 AGOSTO 1945. MA
ECCO PERCHE’ LA LEGGE SULLA MEMORIA – PER ALTRO IN ODORE DI POSSIBILE
INCOSTITUZIONALITA’ - NON PRESENTA NULLA DI PRESCRITTIVO, SOPRATTUTTO
PER LA MASSA DEGLI INSEGNANTI E DEGLI STUDENTI.
La legge sulla
memoria delle vittime ebree nella II guerra mondiale è prescrittiva
per le scuole e le università italiane? Ragioniamo sulla questione:
1)Il dettato
della legge 211 del 2000 sulla memoria di Auschwitz è analogo
a quello della legge 61 del 2005 sul abbattimento del muro di Berlino:
si usano in entrambe i casi locuzioni passive (legge 211, art. 2: “sono
organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione
dei fatti e di riflessione”; legge 61 comma 2: “vengono … organizzati
cerimonie…”) che al massimo (ma è da vedere) possono essere prescrittive
per i dirigenti scolastici, e non certo per la massa di studenti e di
insegnanti.
2) La legge
sul muro di Berlino non è stata rispettata il 9 novembre scorso
praticamente da nessuno, da nessuna scuola in nessuna parte d’Italia
(il che peraltro è assolutamente positivo per chi scrive: quel
che di tragico è seguito in tutto il mondo a quell’evento simbolo
dell’equilibrio bipolare defunto vent’anni fa, è evidente): i
pochissimi eventuali casi di celebrazione che dovessero emergere da
una inchiesta puntuale sarebbero comunque l’eccezione che conferma la
regola dell’assoluta volontarietà della norma, deducibile dal
suo stesso dettato.
3) Ergo, questo
principio deve valere anche per la legge 211 del 2000. Nessun obbligo,
e forse la necessità di chiarire la questione anche dal punto
di vista costituzionale, peraltro con riferimento a tutta la sequela
di giornate della memoria, con cui ogni parte politica si è ritagliato
il proprio orticello propagandistico (c’è anche la giornata della
memoria sul terrorismo) ad offesa della scuola pubblica, pluralista
e laica.
*********************************
Per
questi motivi "Megaride" ha scelto di corredare l'articolo
del prof. Claudio Moffa con immagini dell'olocausto dei regnicoli delle
Due Sicilie, volutamente ignorato dai "fratelli d'Italia",
rimandandovi anche alla lettura di un articolo di Marina Salvadore del
2001 dal titolo "Olo Caustico" al link http://www.vocedimegaride.it/html/Articoli/olocaustico.htm
Inviato da: vocedimegaride
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Inviato da Anonimo
il 28/01/08 @ 00:23
e i pellerossa americani non hanno diritto alla
celebrazione del loro olocausto?
Nino Cammarano - Napoli
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Inviato da Anonimo
il 29/01/08 @ 01:20
Bravo, Cammarano! I nativi americani subivano
negli stessi anni pulizia etnica come i meridionali! C'era un grande
"brigante", addottorato e appassionato, un certo Carmine Palatucci,
morto troppo giovane, che scrisse belle pagine su questo parallelo storico.
marina
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Messaggio
N°573 25-01-2008 - 11:58
Tags: Identità
Giornata
della Memoria Sudista
26/01/08 ore 16.30
presso l'hotel Europa corso Meridionale, nei pressi della stazione centrale
di Napoli, IDENTITA' REGIONALE presenta il libro:
La "Fedelissima"
Civitella del Tronto
L’ultimo baluardo del Regno delle Due Sicilie
Inviato da: vocedimegaride
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Messaggio
N°554 13-01-2008 - 14:15
Tags: Identità
Unicum
monnezza: Contrada Pisani & Contrada Bruno
Marina Salvadore
Corsi e ricorsi
storici: sul sentiero di De Gennaro si frappone sempre, come una maledizione,
un “contrada”. Che si tratti di un Contrada Bruno o di una Contrada
Pisani poco cambia; sono entrambi le medaglie al valore appuntate sul
petto del grintoso Kommissair, entrambe il simbolo dello sfascismo di
Stato, con le più adeguate “marce su Roma” verso lo sfolgorante
sole nascente del virtuale Soviet. Contrada Bruno e Contrada Pisani,
i capisaldo dell’italico Divide et Impera, in barba alle trite filippiche
sul Risorgimento e la Resistenza, ammannite al volgo per tenerlo in
gregge composto nel serraglio della Pol Pot all’italiana che, per quanto
curata nell’immagine e nella retorica da strepitosi effetti speciali,
non è da meno in quanto a crudeltà ed arroganza. Contrada
Bruno e Contrada Pisani uniti in un’unica monnezza internazionale della
quale le montagne di sacchetti di rumenta sono solo l’ingenua coreografica
installazione artistica: il LOGO di REGIME! …E Napoli resta a guardare.
Resta a guardare millenni di civiltà alle sue spalle, spariti
in una discarica occulta, con un Bruno Contrada al “gabbio” sepolto
anch’egli sotto tonnellate di monnezza umana e con gli stragisti quali
Bassolino, Jervolino e compagni di merende a piede libero, ancora lì
seduti sui tronetti d’oro al vertice della scalinata… sul cocuzzolo
della montagna di pattume di Stato: “’e galli ‘n’gopp’à munnezza!”.La
monnezza campana non produce solo miasmi e malattie, scarso decoro urbano
e pubblicità negativa. La monnezza ha fatto strage di un’economia
locale che ha fatto a sua volta strage di imprese, di prodotti doc e
dop, del turismo, di lavoratori, di famiglie… sprofondando ancor più
– sotto lo zero assoluto – come ( e peggio) dopo l’invasione del Mezzogiorno
da parte dei piemontesi. Anche allora lo sfascio fu possibile grazie
alla connivenza con la Camorra ed al tradimento degli autoctoni ed anche
ora si deve ammettere che la responsabilità dello sfascio, come
allora, grava esclusivamente sugli autoctoni più che sull’arrogante
“straniero”. Der kommissair dovrebbe a questo punto dimostrare di essere
colui il quale siamo stati abituati a conoscere: efficiente oltremisura,
sanguigno e privo di rimorsi e rimpianti… e sbattere in galera gli autorevoli
colpevoli, senza pietà! Purchè non si trinceri anch’egli
dietro l’alibi dei veri malfattori per i quali a Napoli anche se piove
è colpa della Camorra. Dovrebbe saperlo, lui ch’è stato
abituato a gestire i pentiti della Mafia, chi e dove sono i veri colpevoli!
Dovrebbe decidere, subito, se essere ancora il temuto ed integerrimo
Capo della Polizia o il Gregario della Pubblica Malamministrazione,
magari riflettendo – con l’intuito sempre affinato che lo distingue
– sugli strani intrecci tra Contrada Pisani e Contrada Bruno, templi
della monnezza istituzionale!… purchè il volgo non si chieda
com’è possibile per il kommissair - a meno che di cognome non
faccia "San Gennaro" - incamerare titoli e cariche a iosa,
pur se risulta indagato anch’egli. Per i fatti di Genova: sì...
monnezza fuori porta!
Inviato da: vocedimegaride
- Commenti: 7
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Inviato
da vocedimegaride
il 13/01/08 @ 16:19
Ci meraviglia (?) il silenzio di Grillo e di Travaglio
in ordine all'ennesimo indagato di Stato che occupa cariche governative...Loro,
così attenti a stilare elenchi di proscrizione!
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Inviato
da Anonimo
il 13/01/08 @ 18:47
forse chi vuole Contrada in carcere deve proteggere
il nuovo "San Gennaro"?
Maria
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Inviato
da Anonimo
il 13/01/08 @ 19:43
Contrada perchè non parli invece di proclamare
solo a parole la tua innocenza? Perchè non dici chi è
De Gennaro e come ha fatto per passare indenne sotto tre governi di
colore politico così diverso e poi sacrificato da Prodi per accontentare
la Cosa Rossa, altrimenti starebbe ancora a comandare la Polizia? Perchè
a Palermo hanno fatto la guerra ai Ros? Perchè non hanno fatto
arrestare Provenzano da quel Tenente-Colonello dei CC che lo aveva individuato
già molto tempo prima? Perchè è stata la Polizia
di Stato ad arrestarlo? Ti sei mai spiegato perchè Mata Hari
predisse l'arresto di Provenzano già 10 giorni prima, in concomitanza
con le elezioni politiche del 2006? Ma fai attenzione, se parli. Ti
consiglio di non bere più caffé, perché l'esperienza
ha insegnato che il caffè, preso nel carcere italiano, fa molto
male. Anche al cuore. Pisciotta e Sindona ne hanno bevuto. Solo una
sorsata. A presto.
Mata Hari. da www.freevillage.it
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Inviato
da Anonimo
il 14/01/08 @ 08:37
Alcune note che riguardano lo scrivente, le troverete
in questo linck. http://it.wikipedia.org/wiki/GioacchinoBasileLottaconto_la_mafia
Video messaggio al Presidente,
http://www.youtube.com/watch?v=e3-a6jDxRvU
Cordialmente Gioacchino Basile
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Inviato
da Anonimo
il 14/01/08 @ 11:14
E' ammirevole la tenacia di Gioacchino Basile
che non molla l'osso e ce lo ripropone in brodo, in salsa, a spolpo.
Tenacia uguale alla solita arroganza di certi dittatorelli "democratici"
che non si avvedono di rendersi ridicoli. QUI NON E' ARIA, Basile! CAMBIA
UDITORIO!
Pino Compagna
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Inviato
da Anonimo
il 14/01/08 @ 13:03
Quando Contrada durante il processo si sentì
male tanto da essere ricoverato d'urgenza, la moglie urlò disperata;
caino maledetto caino. Adesso il caino dopo anni e anni aver curato
"pentiti" cura munezza, che poi in fondo non c'è molta
differenza, l'hanno messo nel posto più ideneo a lui la discarica..
Alessandro
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Inviato
da blue.chips
il 14/01/08 @ 14:18
De flora et fauna Italiae pericula mundo imminentia
est. De rebus Nationum Unitarum. Ciao Megaride. Hai pubblicato un bell'articolo.
Della serie: il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi. :)
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