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N°503 12-12-2007 - 23:01 Il Pittore di Corte Reggia di Caserta: la mostra di Hackert, a duecento anni dalla sua morte.
I dipinti del grande protagonista della pittura paesaggista della seconda
metà del Settecento in mostra dal 14 dicembre 2007 al 13 aprile 2008.
In occasione del bicentenario della scomparsa del grande paesaggista
tedesco Jacob Philipp Hackert, si terrà una mostra, alla Reggia di Caserta,
su una vasta sezione dell’intera opera dell’artista, dal 14 dicembre
2007 fino al 13 aprile 2008, promossa dalla Soprintendenza per i Beni
Architettonici per il Paesaggio e per il Patrimonio Storico Artistico
ed Etnoantropologico, per le Province di Caserta e Benevento, diretta
da Enrico Guglielmo, e sostenuta dall’assessorato al Turismo e ai Beni
Culturali della Regione Campania di Marco Di Lello . La mostra “Jacob
Philipp Hackert(1737-1807)- La linea analitica della pittura di paesaggio
in Europa” con ben 112 opere tra dipinti e disegni è stata curata dal
professor Cesare de Seta. E’ la prima volta che vengono esposti i dipinti
relativi all’intera produzione di Hackert realizzata grazie al un cospicuo
fondo della Reggia di Caserta e alle opere provenienti da collezioni
italiane e straniere, pubbliche e private. L’ultima mostra su uno dei
più importanti protagonisti della pittura di paesaggio in Europa, si
è tenuta dieci anni fa, ma solo con le opere che aveva realizzato durante
la sua permanenza in Italia. L’esposizione, che si snoda in 8 delle
sale della Pinacoteca della Reggia e lungo il percorso dell’appartamento
reale del 700, è divisa in quattro sezioni: dai primi lavori degli esordi
berlinesi (1760-1764) si prosegue con quelli realizzati durante il soggiorno
a Parigi (1765-1768) e con le opere realizzate in Italia, prima a Roma
(1769-1786), poi a Napoli (1786-1799) dove, alla corte di Ferdinando
IV di Borbone, assunse il ruolo di pittore di Corte. L’ultima sezione
riguarda le opere realizzate a San Pietro di Careggi in Toscana (1800-1807),
dove si rifugiò dopo la sua fuga dal Regno a causa della la rivoluzione
napoletana. L’evento è stato inserito tra i “grandi eventi 2007” della
Regione Campania ed è stata realizzata anche grazie alla collaborazione
del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e di numerosi Enti,
Istituzioni, Banche ed Aziende. Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 0 ______________________________ Messaggio
N°460 26-09-2007 - 17:23 Ilovenaples2007 Conosciamo solo
il suo nickname in rete, Ilovenaples2007 , e non il suo nome. Ci siamo
incrociati in uno scambio anonimo, silenzioso ma fluente di informazioni:
lui che leggeva noi; noi che guardavamo i suoi video identitari su "youtube".
Ottimo lavoro, caro sconosciuto amico!
Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 0 ________________________________ Messaggio
N°440 06-09-2007 - 11:08 Piedigrotta casereccia Riceviamo
dal nostro amico Osvaldo Balestrieri personale invito ad una allegra
"zingarata" di Piedigrotta che desideriamo estendere a tutti coloro
i quali rifiutano eventi sponsorizzati, autentiche macchine di produzione
soldi e appalti ai soliti noti e del tutto privi di autenticità e di
quello spirito di socializzazione che caratterizza da millenni i partenopei!
L'INFERNO HA LAMBITO IL PARADISO. SABATO 8 SETTEMBRE, DAL POMERIGGIO
INOLTRATO A NOTTE FONDA E OLTRE PER CHI VUOLE, HO ORGANIZATO UNA NOSTRA
FESTA DI PIEDIGROTTA.PIEDIGROTTA ALLA SOLFATARA MUSICA SPONTANEA, PREVALENTEMENTE
NAPOLETANA,CANTI,SUONI ,BALLI,QUALCOSA DA MANGIARE ED ALTRO... LA FESTA
PUBBLICA-PRIVATA PREVEDE LA PARTECIPATA PRESENZA DI AFFINITA'ELETTIVE
,QUALI VOI INVITATI SIETE. OGNI PARTECIPANTE POSSIBILMENTE SI DEVE PORTARE
UN PIATTO E UN BICCHIERE UN PO' DI VINO ,SE BUONO,E QUALCOS'ALTRO SE
VOLETE. PER RAGGIUNGERE IL LUOGO, PER CHI NON LO CONOSCE GIA', DOVETE
ARRIVARE ALLA PIAZZETTA DELLA SOLFATARA (CHIEDETE!!), SALIRE LA STRADA
CHE COSTEGGIA L'INGRESSO DELLA SOLFATARA, ARRIVARE IN CIMA( A CHI PUO'
FAR PIACERE PARCHEGGIARE L'AUTO AD UN CERTO PUNTO E CONTINUARE A PIEDI
FINO ALLA CIMA DELLA SALITA,SULLA SINISTA PASSERETE DAVANTI AD UN ALBERGO
"GLI DEI" DOPO 50 METRI GIRATE A DESTRA CI SARA'UN CANCELLO ROSSO APERTO
DI FRONTE UN ALTRO CANCELLO DOVE CHI NON SALE A PIEDI (SCELTA CHE CONSIGLIO)PUO'
PARCHEGGIARE L'AUTO.CONTINUARE A PIEDI FINO IN FONDO,AUGURI!!! chi propie
n'à capito mi chiama sul portatile 3334076430 Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 2 Inviato da Beatrix_a.c ________________________________ Inviato da Anonimo __________________________________________ Messaggio
N°437 05-09-2007 - 11:50 Nati sotto
il segno del Capitone
ovvero l'oroscopo dello scemo del villaggio globale Una scoperta sensazionale scuote il mondo degli astrologi; per anni, hanno ignorato la tredicesima costellazione (il Serpentario), ma oggi non possono negare la "scoperta" della quattordicesima. Il Capitone. La costellazione del Capitone raggruppa una serie di balle astrali che influenzeranno i nati fra il 1861 e il 2010, nelle terre comprese fra Civitella del Tronto e Lampedusa, ma con ripercussioni in tutt'Europa. Tale costellazione si caratterizza per la viscida storiografia, per l'inafferrabilità delle ipocrisie, per dei bellissimi luoghi comuni e quando la luna si mette di traverso, se non bastasse, pure per le rotture di coglioni. Con l'entrata del segno nella galassia "occidentale", l'etichette storiche diventano talmente false, truccate e taroccate, che non ci vuole il revisionismo storico, ci vogliono i N.A.S. Per i nati sotto questo segno si prevede un rapporto instabile con la Verità e i liberisti. Soprattutto per questi ultimi, i nati sotto il segno del capitone, vanno educati al disprezzo di se stessi, creando le condizioni di degrado tali che l'abbrutimento, l'ingresso di Marte nel Capricorno e la perdita di dignità, sono addebitate ad uno stato naturale delle cose (genetico?), più che ad una scelta personale o ad un condizionamento politico. Per coloro che non si faranno educare, nessun problema, alla fine, si vergogneranno dei propri simili e avranno due scelte: o scemi o nemici del proprio popolo. Questo stato di cose necessità di humus, di condizioni sociali favorevoli, in pratica di concime, ma se è vero quello che diceva Nietzsche che "ognuno diventa quello che è" se ti convincono che sei una merda., il concime è fatto! LAVORO. I Capitoni, grazie all'influenza dello stato italiano, si caratterizzano per le loro capacità di lavoro all'estero. Per quelli che restano, favoriti quelli nati fra il 3 e l'8 del mese di mai e quelli col cugino assessore. Prospettiva Cromatica: Infatti, in questo periodo, i nati nel Capitone ne faranno di tutti i colori, divenendo bianchi (come le morti?) e vedendola sempre più nera. Mentre per i liberisti e solo per loro, periodo fortunato, il buco nero del debito pubblico e l'usura bianca, gli permetteranno un arcobaleno d'opportunità. Come avrebbe parafrasato Marzullo: "Sogno di non lavorare o lavorare è un sogno?" Date le condizioni sul lavoro, si prevede per i giovani Capitoni un probabile rapporto col Cancro. Grattarsi o credere nella tecnologia medica ha lo stesso effetto e la stessa validità statistica, con una sola differenza, tutti i popoli del mondo hanno sempre creduto nella superstizione, pochi nel dio delle industrie farmaceutiche. I nati Capitoni, si sono caratterizzati per un ascendente straordinario, la Cassa del Mezzogiorno, detta anche cassa australiana. Infatti, era l'unica cassa ad effetto boomerang che superava le montagne, era gettata al sud e faceva arricchire il nord. La Cassa boomerang, era davvero eccezionale, infatti, era l'unica cosa straordinaria che non presupponeva l'esistenza dell'ordinario. AMORE: Agli esordi, i nati sotto il segno del Capitone, si caratterizzano per le loro capacità di farsi conquistare, ma subito dimostrano l'impossibilità di un rapporto serio e duraturo..... In mille conquistarono un regno in pochi mesi, 120 mila c'è ne vollero per tenerlo con 6 anni di guerra. I liberali rispondono che quei soldati sono serviti ad aiutare i nati con ascendente, camorra, povertà e disoccupazione. Gli astrologi rispondono concordi, "Quegli ascendenti sono entrati nel segno del Capitone solo nel 1861!" SALUTE: Tutto bene grazie! Perché i nati Capitone, si sa, sono ottimisti sempre. Su di loro si è sperimentato un sistema infallibile. Entrano in ospedale con l'influenza, li convincono che prima avevano il cancro, ed essi felici sono contenti di stare meglio. Tale sistema è stato ampiamente sperimentato nel campo storico. Oggi sono poveri, li convincono falsamente che prima del 1861 erano pezzenti, ed essi con un fantastico metodo placebo, si sentono "ricchi". VIAGGI: In questo i Capitoni sono rivoluzionari. Non spostano se stessi, spostano la geografia. Per quelli nati fra il 1956 ed il 1961 si prevede una voglia di turismo collettivo, verso climi migliori e presso popoli simpatici, aperti e accoglienti. Nel 1956 Torino conta 760 mila abitanti, nel 1961 un milione e trecentomila. Quindi Torino, con 540 mila meridionali nel 1961 è la terza città del Sud dopo Napoli e Palermo. Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 0 ____________________________________ Messaggio
N°359 del 15-06-2007 - 11:25 Napoletanità
Parlare di lingua o dialetto napoletano in una sede come il Goethe, l’Istituto di cultura tedesca della Riviera di Chiaja, lasciava perplessi politici e cultori del nostro idioma intervenuti numerosi alla tavola rotonda: Dibattito a più voci. Ragionamenti, dispute, curiosità, sopra il parlare e scrivere in dialetto napoletano, organizzata dall’Associazione Italiana Giovani Europa (Aige) e dal periodico Questanapoli. All’interessante incontro, introdotti dal giornalista Umberto Franzese, hanno preso parte l’avv. Renato de Falco napoletanista; Gennaro Borrelli storico dell’arte; l’arch. Franco Lista, ispettore ministero Pubblica Istruzione, Università e Ricerca; Runa Tonnies, docente di lingua tedesca; Roberto Vigliotti, dialettologo; Adriana Dragoni, storico dell’arte; Silvana Capuano scrittrice; Enzo Rivellino e Antonio Scala, membri della commissione cultura della Regione e Maurizio Ponticello scrittore. L’avvocato De Falco, autore di molte pubblicazioni e amabile conversatore, riferendosi alla proposta di legge, presentata dal consigliere Luigi Rispoli, approvata all’unanimità dal consiglio Provinciale e ora all’esame della Regione Campania, ha affermato “La tutela, la difesa e la rivalutazione di quell’autentico patrimonio storico e culturale del nostro dialetto, archivio vivente delle radici e del patrio costume della quasi trimillenaria civiltà di quella Napoli di cui resta il più sacrale emblema, è un principio irrinunciabile”. Gennaro Borrelli, a sua volta è risalito alle nobili origini della parlata napoletana. Interessanti le relazioni delle docenti, Adriana Dragoni e le scoperte, arrivando a Napoli da Dusseldorf della professoressa Runa Tonnies, componente il coro dei Cantori di Posillipo, la quale ha detto che nell’Università di Heidelberg esiste un corso di dialetto partenopeo. Gli scrittori non sono stati da meno, citando Basile, Viviani, Capurro, Bovio, De Filippo, Troisi. Il disegno di legge al centro della discussione, prevede in tredici articoli: “La Regione al fine di salvaguardare ed incrementare il patrimonio storico e culturale del proprio territorio, tutela, valorizza e promuove la lingua napoletana sia nella sua espressione orale sia nelle forme letterarie e di ogni altro tipo di espressione artistica”. Istituisce un’Accademia, punto di riferimento per la conservazione di elaborati, ricerca storica e linguistici, percorsi formativi, preparazione di una grammatica e un vocabolario, archivi sonori e videocinematografici”. “La lingua napoletana – ha dichiarato Rispoli – è una grande opportunità ed un grande patrimonio culturale che va salvaguardato, di là delle appartenenze politiche. Nella Regione Lazio sono stati più tempestivi di noi, approvando all’unanimità una legge per la tutela e la valorizzazione dei dialetti laziali con particolare riferimento al romanesco”. Altre Regioni, come quella siciliana, piemontese hanno richiesto “Lo studio della lingua, della letteratura e della civiltà nelle scuole regionali di ogni ordine e grado; introduzione del bilinguismo nella legislazione, nel linguaggio della pubblica amministrazione e nelle insegne rivolte al pubblico; istituzione di un servizio radiotelevisivo regionale che dedichi un numero minimo di ore di programmazione”. L’enclave di Greci, in provincia di Avellino e in molti paesi del Molise e della Calabria, dove popolazioni arbereshe, croati e albanesi, perseguitati dai turchi si rifugiarono, conservano lingua, costumi e tradizioni. Gli onorevoli Rivellino, Taglialatela e Scala di opposti schieramenti politici, si sono impegnati a sollecitare alla Giunta Regionale l’approvazione della legge. Un’indagine Istat, “I cittadini e il tempo libero”, rivela che si parla sempre più l’italiano, dovuto anche al livello scolastico; in famiglia, con amici e tra le nuove generazioni, però prevale il dialetto. Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 0 riferimento ________________________________________ Messaggio
N°345 del 07-06-2007 - 19:03 Uber
die neapolitanische Sprache “Dalle imitazioni delle vesti si passò a quella del costume e delle maniere, indi all’imitazione delle lingue: si apprendeva il francese e l’inglese, mentre era più vergognoso il non sapere l’italiano. L’imitazione delle lingue portò seco finalmente quella delle opinioni. La mania per le nazioni estere prima avvilisce, indi immiserisce, finalmente ruina una nazione, spegnendo in lei ogni amore per le cose sue”. Così il Cuoco in Saggio storico della rivoluzione di Napoli. Che l’imitazione dei costumi abbia portato anche al decadere, all’immiserirsi della lingua, è fuori dubbio. L’italiano regge a stento. E’ una lingua “arrepezzata”, rattoppata, lacera, fatta a pezzi, sciapita. Così “il giorno della famiglia” diventa family day; “interrogazione” diventa question time; “intimità”, “privatezza”, privacy; “aumento”, escalation; “RAI educativa”, RAI educational; “centro o punto di chiamata”, call center. Un’invasione di forestierismi. Un’intrusione di termini o modi dire di cui non riusciamo spesso a capire o addirittura a tradurre nel corrispettivo italiano. E come sia raffazzonato il linguaggio comune, basta l’esempio deleterio dei cosiddetti “messaggini” che scorrono in sottobanda nel corso di trasmissioni televisive. Uno scempio! Molti si vergognano di esprimersi in dialetto e non di usare termini stranieri o di maltrattare la propria lingua. E’ per questo che tessiamo l’elogio del napoletano. Non “lingua di comicità, di sguaiatezza e di versiciattoli per canzonette”. Non “basso napoletano, dialetto da riso e da oscenità, di lazzari e di facchini”. Invece lingua di nobili origini greco-latine. Ultimo baluardo di classi culturalmente e socialmente evolute che conservano il vezzo di mescolare parole dialettali in purissimi discorsi in lingua. Conservando, proteggendo il napoletano, ovvero la lingua dei padri, intendiamo salvaguardare la nostra identità, preservare, rivalutare il nostro patrimonio culturale. Parafrasando in parte Libero Bovio, ci va di affermare con lui: Il Napoletano è eterno: Gesù parlava in dialetto; San Gennaro predicava in dialetto; Dante scriveva in dialetto; noi torniamo a esprimerci in puro dialetto. E torniamo a riaffermare il nostro credo, la nostra fede. Questa volta riproponendo, in un dibattito a più voci al Goethe Institut, martedì 12 giugno, “Uber die neapolitanische Sprache”. Il perché di questa scelta a cui partecipano studiosi, specialisti, ricercatori come: Gennaro Borrelli, Silvana Capuano, Renato De Falco, Ettore Forestiere, Franco Lista, Maurizio Ponticello, Runa Toennies, Roberto Vigliotti, è presto detto. Negli studi sui dialetti meridionali e in particolare su quello napoletano, spiccano i nomi di Gerard Rohlfs, Leo Spitzer, Adolf Gaspary, Nacht, Subak, Wagner. Rohlfs, glottologo e filologo, pubblicò, tra l’altro, un “Dizionario dialettale delle tre Calabrie”; Adolf Gaspary uno studio sui dialetti napoletani (Das Studium des neapolitanischen Dialektes); Nacht “Das neapolitanische dialekt Theoretish und pratisch erlautert; Subak Die, Koniugation im neapolitanischen“. Saltando ai giorni nostri non scema l’interesse per il napoletano da parte di studiosi tedeschi. Un progetto per un “Atlante linguistico della Campania” guidato dal prof. Radtke del Romanisches Seminar dell ‘Università di Heidelberg, indaga la molteplicità delle varietà del napoletano con una ricerca sul campo condotta dalla dottoressa Ada Plazzo nella Scuola Media Giovanni Pascoli di Napoli diretta dalla prof. Teresa Incarnato. Molto approfonditi sono da parte di ricercatori tedeschi gli studi che riguardano la tradizione presepistica napoletana della quale si è occupato il prof. Borrelli, le cui opere sono state tradotte anche in Germania. Runa Toennies, docente di lingua tedesca presso il Goethe Institut di Napoli, innamoratissima delle melodie napoletane, appaga questa sua intensa passione nei Cantori di Posillipo. Questi sono motivi più che sufficienti per aver voluto il Cons. Luigi Rispoli scegliere, con i suoi attenti collaboratori, il Goethe Instut come sede ideale per riproporre ai napoletani amanti di sogni inimmaginabili, il nostro inimitabile patrimonio linguistico. Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 0 riferimento ___________________________________________ Messaggio
N°342 del 04-06-2007 - 10:34 Quando
Napoli non era capitale della monnezza E’ con orgoglio e soddisfazione che annuncio la prossima pubblicazione del lavoro del dr. Iesu, al quale abbiamo collaborato, tramite l’umile e limitato apporto dello scrivente, sulla “ISTRUZIONE E SALUTE PUBBLICA IN PROVINCIA DI TERRA DI LAVORO DAL REGNO DI NAPOLI DEI BORBONE AL REGNO D’ITALIA” edito dalla EDITORE LAVIERI. Il dr.Iesu, ex Provveditore agli Studi di Caserta nonché dirigente del Ministero della Pubblica Istruzione in pensione è rimasto particolarmente colpito per la copiosa e significativa attività che i sovrani napoletani fecero nell’ambito dell’Istruzione popolare e della salute pubblica arrivando a livelli di eccellenza superiori e precedenti a quelli delle grandi Monarchie Europee dell’epoca. Il suo studio e la particolare meticolosità nella ricerca delle fonti storiche smentiscono una storiografia di massa che dipinge l’ex Casa Reale di Borbone Due Sicilie come governo inetto ed incapace di capire le esigenze del popolo. Il testo può essere richiesto direttamente alla casa editrice info@lavieri.it . L’autore si rende anche disponibile per conferenze sull’argomento. A lui, un anticipato ringraziamento per aver contribuito a ricostruire la nostra memoria storica evidenziandone gli aspetti concreti relativi ad una grande Civiltà. Crediamo che il recupero della dignità del Sud Italia per un riscatto sociale e culturale passi necessariamente attraverso la ripresa delle nostre radici storiche e con il recupero di una dinastia, quale quella Borbonica, la cui denigrazione doveva essere indispensabilmente lo strumento simulatore per la conquista e la colonizzazione della nostra amatissima Terra. Lo scempio e la devastazione territoriale cui stiamo continuando ad assistere in questi tragici giorni a Serre, ad Acerra e allo Uttaro in Caserta, la definitiva scomparsa del Banco di Napoli, ex Banco delle Due Sicilie (primo Banco d’Italia), il tentativo di distruggere la produzione e l’immagine della Mozzarella, sono ancora, purtroppo, alcuni dei segni di tale colonizzazione. Sono sempre più convinto che il giorno in cui abbatteremo le effigi reali e virtuali dei vari Garibaldi, Vittorio Emanuele o Cavour che imbrattano le piazze del Sud Italia, inizierà la vera rinascita culturale e sociale del Mezzogiorno d’Italia. Ed è per tutto ciò che l’invito all’acquisto di tale testo risulta essere un importante contributo alla dignità della nostra MEMORIA senza la quale difficilmente ci sarà capacità e sensibilità PROGETTUALE. pompeodechiara@virgilio.it Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 0 riferimento ___________________________________ Messaggio
N°324 19-05-2007 - 11:36 Il 2 giugno tutti a Savoia di Lucania per Passannante
Era il 1984,
ero appena arrivato a Roma dalla mia terra, la Basilicata, quando
scoprii la vita di Giovanni Passannante, un mio corregionale che
nel 1878 attentò alla vita del re Umberto I di Savoia e che per
quest’atto “dimostrativo”, visto che aveva in mano un coltellino
con una lama di quattro dita non adatto ad uccidere un uomo, era
stato punito con atroci torture che lo portarono, dopo più di
dieci anni di isolamento in una cella sotto il livello del mare
sull’isola d’Elba, a mangiare le sue stesse feci. A Roma arrivai
con la Maturità classica, avevo ancora nella testa i versi dell’Antigone
di Sofocle, memorizzati a fatica e portati all’esame e mi misi
a frequentare l’Università e avevo grandi difficoltà di inserimento:
non conoscevo nessuno, pochissimi soldi in tasca che mi passavano
i miei genitori per farmi “costruire un avvenire” e vivevo in
una camera presa in affitto allo Scalo San Lorenzo, al secondo
piano, la cui finestra si affacciava sulla tangenziale est, a
cinque metri dalle macchine che non mi permettevano di dormire
quasi mai. Per risparmiare 50.000 lire al mese, in aggiunta, dovevo
“accudire” circa trecento canarini del proprietario dell’appartamento,
tenerli puliti e farli mangiare e bere. Mi ritrovai nel Museo
del Crimine in via del Gonfalone per puro caso. Mi ero mezzo fidanzato,
in effetti mi illudevo di essermi fidanzato in realtà la corteggiavo
e basta, con una ragazza che abitava nei pressi di Campo dei Fiori,
vicino al museo, e lei faceva sempre ritardo negli appuntamenti.
In realtà non era molto interessata a me e allora ero costretto
ad aspettarla vagando intorno casa sua. I bar erano cari e non
me li potevo permettere e un giorno che pioveva e lei era come
sempre in ritardo, per ripararmi, entrai nel museo. In un corridoio
scoprii la bacheca con un cranio e un cervello, su un fogliettino
c’era scritto: Giovanni Passannante, nato a Salvia (PZ) il 19
febbraio 1849. Mi impressionò e mi fece rabbia quel (PZ) tra parentesi:
Potenza. La mia stessa provincia. “Perché è qui in esposizione,
non ha parenti che se lo vengono a riprendere?”, pensai e mi vennero
in mente i versi di Antigone che avevo dovuto studiare a forza
ma che ora diventavano attuali e utili: “La giustizia che riposa
tra i morti non ha stabilito di lasciare insepolto un uomo, un
figlio di mia madre, un fratello. Io lo seppellirò, e morirò,
ma per me la morte sarà una cosa bella non una sofferenza.” Sempre
più spesso andavo a visitare Giovanni e così partì la mia battaglia:
seppellire Giovanni nel suo paese. Una battaglia che cominciai
subito a portare avanti con rabbia anche perché avevo involontariamente
e ingiustamente associato la triste vita di Giovanni, esposto
in una terra che non gli apparteneva, nel Museo del Crimine, nell’indifferenza
generale, alla mia stessa vita, che in quel momento sentivo assai
infelice, la vita di un giovane meridionale emigrato a Roma per
“formarsi” ma che si sente un “trapiantato” e gli manca il suo
paese, gli amici, la campagna, la famiglia e i suoi due cani.
La lotta per seppellire Giovanni, per dargli dignità, nasceva
dal grido di un’ingiustizia che sentivo nelle mie stesse ossa:
un Sud umiliato e offeso in passato, un ragazzo di oggi che deve
lasciare le cose più belle che ha per “formarsi” altrove. L’ingiustizia
dell’idea che per “formarsi” bisognava in parte “sformarsi”. Sono
passati 23 anni da quella mattina nel museo. Mi sono “formato”
cercando di non “sformarmi” troppo, cercando di conservare la
memoria delle mie cose. Da questo punto di vista la scelta di
fare l’attore narrando ciò che mi circonda mi ha aiutato molto.
Negli anni ho costruito uno spettacolo che racconta la vita di
Giovanni, l’ingiustizia di tenere i suoi resti esposti in un museo
e la ferma volontà di restituirgli la dignità della sepoltura,
cosa condivisa da circa 5 mila firmatari dell’appello sul mio
sito internet. Quella ragazza che corteggiavo l’ho persa di vista,
quando passo sulla tangenziale est guardo sempre quella finestra
che è rimasta uguale, non hanno neppure cambiato le tapparelle.
I miei due cani sono morti, e li ho seppelliti io stesso nell’orto
sotto casa al paese. Ma la cosa bella è che oggi mi sento un po’
come Antigone: ho seppellito, con l’aiuto di tanti amici, Giovanni
al suo paese. Certamente è stata una sepoltura di cui molti si
sono vergognati e l’hanno voluta tenere “segreta” e questo ci
ha negato la felicità di accompagnarlo al cimitero, ma bisogna
perdonare, la cosa importante è che Giovanni non stia più in bacheca
ad essere deriso e ad interpretare il ruolo del criminale senza
aver ucciso nessuno. Il 2 giugno vi aspetto a Savoia di Lucania
dove stiamo organizzando una festa in suo onore con ospiti e amici.
Partiranno autobus da Roma, Napoli, Matera, Potenza, per informazioni
chiamate Clotilde Recchia a questo numero: 338.3833.791. Siamo
in attesa di ricevere da parte del sindaco di Savoia di Lucania
l’autorizzazione ad occupare il suolo pubblico. Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 1 Inviato
da Anonimo _________________________________________ Messaggio
N°317 15-05-2007 - 22:46 Lazzaroni. I lazzaroni sono i delinquenti, i disgraziati, i mascalzoni, i farabutti, le canaglie, i furfanti, i manigoldi, i lestofanti, i gaglioffi, i filibustieri; ma, anche, gli usurai, gli scippatori, i rapinatori, i borseggiatori, i contrabbandieri, i taccheggiatori, i falsari, i ladri d'auto, i topi d'appartamento, i "paccottisti", i tangentisti, i truffatori e, infine, i peggiori di tutti, i camorristi Sono trent'anni che Lamberti dice e scrive che per liberare Napoli dai lazzaroni non bastano, anche se sono necessari, poliziotti, carabinieri e magistrati. C'è bisogno di politiche di inclusione, seriamente intese, ben diverse dalle operazioni di assistenza o, peggio, di ammortizzazione sociale, magari a favore dei più violenti e facinorosi. Per trovare soluzioni adeguate, bisogna partire dal dato, irremovibile con artifici dialettici, di una spaccatura e di una separazione profonda nella popolazione napoletana tra chi è dentro e chi è fuori dalla società moderna e civile. Perché il problema di Napoli è quello di portare dentro la modernità tutti coloro che stanno fuori per una sorta di condanna che i responsabili continuano a negare, mentre continuano a comminarla. Per aprire un dibattito costruttivo, l'autore ha raccolto alcuni dei tanti interventi su quotidiani e riviste, o in occasione di dibattiti e convegni, fatti nel corso degli ultimi anni, sulla Napoli dei lazzaroni. Amato Lamberti è docente di Sociologia della devianza e della criminalità, presso la Facoltà di Sociologia dell'Università "Federico II" di Napoli. Ha fondato e diretto l'Osservatorio sulla Camorra della Fondazione Colasanto. È stato Assessore alla Normalità del Comune di Napoli, dal 1993 al 1995, e Presidente della Provincia di Napoli, dal 1995 al 2004. Giornalista pubblicista, è autore di libri, ricerche, studi, saggi su fenomeni di devianza e, in particolare, sulla camorra. Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 0 ________________________________________ Messaggio
N°276 del 23-04-2007 - 11:05 Qualcuno
la chiama MOBILITA'
Lontano,
ove il tempo tesse cinico la sua tela; lontano, estirpati dal proprio
sistema sociale; lontano da casa, dagli affetti, dalla propria vita;
lontano per un lavoro, per la possibilità di costruirsi un futuro -
ma un futuro in bianco e nero - senza i colori del proprio mondo. Lontano,
senza avere scelto, privati della possibilità di vivere in maniera completa
la propria esistenza. Il fenomeno dell’emigrazione giovanile meridionale,
un’emigrazione interna, silenziosa, continua ed ignorata, che ogni giorno
trasferisce, dal sud al nord del paese, capitale umano e forza lavoro,
alimenta il progressivo impoverimento del Mezzogiorno d’Italia esautorando
lo stesso oltre che della possibilità di migliorare la propria condizione
economica, della forza di combattere sentimenti come la rassegnazione
e l’assuefazione allo stato attuale delle cose, sentimenti che sempre
più costituiscono una seria minaccia alla sopravvivenza stessa del suo
sistema sociale. Non sarà, difatti, il perpetrarsi di uno stato di arretratezza
economica né il gozzovigliare di malavita organizzata, né la perdurante
assenza dello stato e dei suoi rappresentanti a svilire e progressivamente
ad uccidere la mia Terra, bensì la morte della speranza, la rassegnazione,
l’assuefazione, il suo popolo che si arrende e progressivamente muore.
Essere emigrante vuol dire vivere in un luogo che non è la propria Terra,
tra strade e volti che per te non significano nulla, solo e smarrito
nei vicoli di un’esistenza che diventa lento scorrere di ore e di giorni,
spesso in attesa del ritorno a casa. Alcuni certo obietteranno come
non sia corretto definire emigrazione il trasferimento per motivi di
lavoro di un giovane meridionale nell’altra terra di lavoro, purtuttavia
Io, Emanuela Rullo, nata ad Avellino il 10 ottobre del 1977 non sono
altro che un "emigrante", e lo sono perché per ragioni estranee alla
mia volontà ho trasferito la mia dimora in un luogo che non è la mia
casa, che questo luogo sia a trecento, milleduecento o a svariate migliaia
di chilometri di distanza, poco importa. Nel settembre 2003, a poco
più di un mese dalla mia laurea in economia, ho abbandonato la mia Terra
per entrare a far parte di quello che io definisco “Il popolo degli
emigranti”. E come me, infatti, gran parte dei miei parenti e amici
e conoscenti sono a tutt’oggi emigranti, ed in quanto tali ignari protagonisti
di una piccola fetta di storia, che nessuno ritiene necessario raccontare.
Ed è proprio per dare voce al loro ed al
mio dolore, e insieme alla nostra indignazione e al nostro rimpianto,
che nasce questa mia testimonianza, "...il mio bisogno di urlare al
mondo che Io esisto e che esiste un fenomeno ovvero quello dell'emigrazione
giovanile meridionale di cui nessuno parla, che nessuno denuncia come
fosse nel corso normale delle cose, e che invece è ormai una valvola
di sfogo fuori controllo che svilisce la mia Terra e incatena il futuro
del mio popolo", parole che andrebbero scolpite nella roccia, tanto
è amaro il ripetersi di qualuque voce ufficiale del potere, delle istituzioni,
che afferma che l'emigrazione giovanile non esiste, che l'emigrazione
è finita, che al limite si tratta di mobilità, e tu non sai che fare,
sebbene sia talmente evidente che non è così (Alessio da Bruxelles).
Ad ogni individuo dovrebbe essere riconosciuto il diritto di vivere
la propria esistenza nel luogo ove più desidera ed essere privato di
questa possibilità rappresenta una sorta di minaccia all’esistenza stessa
dell’individuo (Luisa da Latina). Spesso, infatti, non ci si adatta
mai alla nuova terra in cui
ti è toccato emigrare e inoltre al ritorno a casa sei uno straniero
in Patria, uno "che ha fatto la cosa giusta..." (dicono), uno che cammina
nella SUA città come uno stonato ricordando cose, persone e luoghi che
ormai esistono solo nella sua memoria. Uno che si incazza quando si
sente dire "che è stato furbo", perché "ccà nun se pò campa’, ‘a fatica
nun ce stà, ci arrangiamo come possiamo, ma tu no,’n 'copp fai ‘o signore..."...
(salvatore di aversa) “perché è vero può essere doloroso affacciarsi
alla finestra la mattina e vedere una città che non si sente propria...
ma per una persona che è rimasta giù ve ne sono di molto più dolorose,
perché Noi al sud sembra che ce la mettiamo tutta per non cambiare le
cose, sembra che ce la mettiamo tutta affinché i nostri giovani continuino
ad emigrare. Ce la mettiamo tutta affinché chi ha voglia di lottare
si divida e non si unisca. E voi? ed i vostri figli? Bè, voi continuerete,
in questo modo, a restare dove siete e noi continueremo a lottare....
inutilmente.” (antonio da napoli). Così accade che chi è emigrato e
chi non s’invidia vicendevolmente poiché ognuno vede nella disponibilità
dell’altro ciò cui ha rinunciato ed entrambi portano il peso di un’esistenza
colma di rimpianto. A tutti loro, a chi è rimasto, a chi ha dato tutto,
a chi ha preso troppi calci, a chi è andato troppo lontano e per troppo
tempo e casa è meglio che se la dimentica perché non c’è più nessuno,
ecco io dedico la mia testimonianza e la mia rabbia nella speranza che
questa voce possa trovare finalmente ascolto e tutto questo dolore,
finalmente, comprensione e rispetto, e tutto ciò nella speranza di trovare
loro un condotto e veicolarli in primo luogo al mio popolo, perché possa
ritrovare la forza di combattere, e in secondo luogo all’Italia, quest’Italia
di brevi orizzonti, che sembra non comprendere che il conflitto tra
Nord e Centro-Sud non esprime altro che la stupidità e la cecità di
un popolo che non valorizza le proprie risorse e che non riconosce se
stesso come appartenete ad un unico sistema chiamato a perseguire il
medesimo fine e a condividere la medesima sorte. Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 2 Inviato
da vocedimegaride ________________________________________
Inviato da Anonimo ___________________________________________ Messaggio
N°240 del 04-04-2007 - 18:19 Attualità Cristiana I politici, i grandi, i potenti della Terra cammineranno davanti ai loro Popoli, di cui saranno i primi a sopportare i sacrifici e gli ultimi a godere i benefici. Diceva Gesù: “non si può servire a Dio ed a satana” oppure: “un regno diviso in sé è destinato alla rovina”. Di conseguenza, lo stato e le istituzioni non sono efficienti quando quelli che li rappresentano devono servire grande sciagura per un popolo essere governato da governanti governati. stato ed istituzioni ed obbedire a forze a questi avversarie, ovvero: La divina saggezza diventa pratico e chiarissimo concetto politico: assumere degli impegni, suggeriti da valori e da esigenze, farne dei progetti, impegnare tutte le proprie energie alla loro realizzazione, sempre ricordando di essere creature umane, tutte fratelli e sorelle, di pari importanza e di pari diritti. Concetto di servizio che Gesù spiegò in modo che capissero i più semplici ed i più umili e significasse programma per i potenti. “Io sono uno che serve”. Non lo disse solamente, ma lo dimostrò, nella forma più pratica, lavando i piedi a tutti gli Apostoli, ossia facendo la cosa più umile per gli uomini, i quali, nonostante quell’insegnamento, ancora dividono terrenamente le attività in arti nobili e mestieri ignobili, ignorando che qualsiasi attività è vita e manifestazione di vita. Esempio simbolico quanto si vuole ma di eccezionale efficacia, quello di Cristo. La novità cristiana consiste nel prescrivere di giovare, ovunque e comunque, di migliorare, di elevare, di volere il bene dell’altro. Resta il messaggio cristiano, che agita il mondo da due millenni e più, a ricordare che il predominio è effimero perché crea differenze, contrasti e guerre e che il servizio armonizza, appiana differenze, concilia interessi, compone divergenze, insomma semina parità, giustizia e legalità e raccoglie concordia e pace. Quando i politici, i grandi, i potenti della Terra intenderanno e vorranno praticare il messaggio cristiano sacrifici e gli ultimi a godere i benefici. Proprio come insegnò Gesù: “Se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti”. Gesù continua ad avere seguito, ma più teoricamente che concretamente. Il pensiero cristiano pur essendo eccelso è ben riferito al mondo reale, di cui Gesù conosceva le scie di sangue, le violenze, le ingiustizie a volte, ma non sempre, nascoste dai bagliori dell’oro, dallo sfavillio dei diamanti e dallo sfarzo della ricchezza. cammineranno davanti ai loro popoli, di cui saranno i primi a sopportare i Certo è che alla concretezza latina Gesù diede quella spiritualità che le mancava. Il lungo elenco di martiri testimonia che quella spiritualità era attesa e perciò fu apprezzata ed amata al di sopra di ogni cosa, anche della vita, soprattutto della bella ed agiata vita. La buona novella di Gesù, pur essendo praticabile, fu bollata però come favola, come utopia, come religione di sognatori e comunque lontana dalla realtà, pur essendo di una saggezza politica che solo il genio latino poteva apprezzare. Il genio latino ha lasciato una eredità di cui l’umanità ha bisogno, come da secoli si va dicendo, e Gesù ha lasciato al mondo un messaggio, la cui divinità sta proprio nella sua estrema semplicità e chiarezza e che gli uomini di buona volontà possono realizzare. Abbattere gli steccati che l’egoismo erige è lavoro impossibile, almeno finora, della umanità, che, se non sempre riesce a rispettare le sue leggi, tanto meno può recepire la spiritualità cristiana. Questa umanità pur ammirando ed apprezzando la saggezza latina e la divinità cristiana ha sistemato nella storia quella saggezza ed affidato alla speranza quella divinità, cioè questa umanità rischia d’aver distrutto per sempre la pratica e la teoria della pace universale. Infatti sono molti gli storici che approfondiscono la lezione romana, ma pochi non addetti ai lavori sono disponibili a leggere la storia di Roma ed a conoscerne la lezione, a capirla ed a ritenerla eredità ancora valida per una umanità che voglia ritenersi civile, come , pur affascinando, forse anche perché di sicuro successo, scrittori, letterati, storici, cinematografari ed altri ancora, la favola cristiana è poco letta ed approfondita nei vangeli. Così la superba razza umana che insegue ogni genere di grandezza finisce per attaccarsi a grandezze transitorie e tanto lontane dalla grandezza della pace universale, cui, si può ben dire, posero chiare ed eterne fondamenta e terra, Roma, e cielo, Cristo: Roma suggerì saggezza e giustizia terrena, che ogni civis deve praticare per sé e per gli altri, e Cristo, vi aggiunse l’amore che dovrebbe tenere uniti ed in pace gli uomini:ancora del genio latino la coincidenza di diritto e morale, uguali per tutti gli esseri umani, pareggiati tutti dalla stessa qualifica civis e distinti solo temporaneamente dalle qualifiche e dalle funzioni di breve durata perché possibili a tutti a rotazione e,comunque, qualifiche e funzioni, da non ritenere mai fonti di arricchimenti personali, motivo di prestigio ed occasioni di appannaggi particolari, perché in contrasto con la morale, con la parità civile e soprattutto con la lex, unica autorità quest’ultima sempre pronta ad intervenire per ristabilire qualsiasi equilibrio alterato. www.minichiello.it di Nunziante Minichiello Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 0 Inviato
da Anonimo __________________________________________ Messaggio
N°239 del 03-04-2007 - 20:56 Un' ALTRA STORIA L’associazione
culturale casertana Borbonica di Terra di Lavoro, presieduta dal
dr.Pompeo De Chiara, ha compiuto un altro passo importante per
la divulgazione di un’ “ALTRA STORIA” ovvero per la rivisitazione
dell’epopea risorgimentale scritta, questa volta, non dai vincitori
bensì dai vinti. Sabato 31 marzo u.s., presso l’Istituto Tecnico
Industriale “F. Giordani” di Caserta, al cospetto di una numerosa
scolaresca, il nostro responsabile ha rappresentato le ragioni
dei vinti con una didattica espositiva che ha catturato l’attenzione
dei ragazzi: si è partiti dalla proiezione del bellissimo cortometraggio
“Napoli Capitale” di Mauro Caiano e Marina Salvadore e si è poi
passati alla visione, tramite tecniche multimediali, delle ragioni
storiche, culturali ed economiche, che portarono il Sud Italia
ad una massiccia insorgenza contro quella che fu ritenuta, e non
a torto, una vera e propria invasione e colonizzazione piemontese
(furono impiegati circa 120.000 soldati del regno sabaudo) con
il pretesto di unire l’Italia e, soprattutto, di sconfiggere dei
malviventi briganti. Si sa, ormai, che ci furono molte influenze
legittimiste in quelle insorgenze popolari con la presenza di
personaggi fedeli non solo alla casata Borbone Due Sicilie ( Borjes,
De Christen, Crocco…), defenestrata da un Regno con un’omogeneità
culturale quasi millenaria, ma fedeli ad un' idea cattolica che
doveva quanto meno illuminare il cammino dei regnanti dell’epoca.
Contro il nostro Stato cattolico duosiciliano, tra i più importanti
dell’Europa dell’800, lottarono per diverse ragioni la Massoneria
inglese e quella italiana a cui apparteneva gran parte dello establishment
piemontese, Garibaldi in testa. E che quest’ultimo fosse Massone,
ormai, è provato anche dai suoi stessi adulatori. Definì il Papa
Pio IX “un metro cubo di letame”... Giuseppe Garibaldi, (1807
– 1882) fu iniziato Massone, in Montevideo, nell'agosto del 1844,
nella Loggia "Les Amis de la Patrie" dipendente della Gran Loggia
della Francia, come da documenti che conserva la Gran Loggia della
Massoneria dell'Uruguay nel suo Archivio Storico (www.masoneria-uruguay.org/garibaldi.htm)
In Italia si è organizzato, addirittura, un concorso “scolastico”
indetto dalla Massoneria di Palazzo Vitelleschi (Gran Loggia d'Italia
- Massoneria universale di rito scozzese) sulla figura dell’eroe
dei due mondi che culminerà con una premiazione a Genova il 28
aprile prossimo. www.brigantaggio.net/brigantaggio/Personaggi/Garibaldi06.htm
). Per una più recente biografia di Garibaldi vedasi: Luciano
Salera: Garibaldi, Fauché e i Predatori del Regno del Sud – La
vera storia dei piroscafi Piemonte e Lombardo nella spedizione
dei Mille, Controcorrente edizioni, Napoli 2006, pp. 542 - “Gennaro
De Crescenzo: Contro Garibaldi – Appunti per demolire il mito
di un nemico del sud, Editoriale il giglio, Napoli 2006, pp. 103
- Gilberto Oneto: L’iperitaliano, Eroe o cialtrone? Biografia
senza censure di Giuseppe Garibaldi, il Cerchio, Rimini 2006,
pp. 324). «Primo Massone d‘Italia» (grado 33 ad personam per i
grandi servigi resi a calderai, a carbonari e settarii simili,
in sintesi alla Massoneria ( La Massoneria è antitetica alla dottrina
clericale non solo perché ha sempre tramato contro ma fin dai
primi documenti pontifici in materia, ed in particolare nella
Enciclica «Humanum Genus» di Leone XIII (20 aprile 1884), il Magistero
della Chiesa ha denunciato nella Massoneria idee filosofiche e
concezioni morali opposte alla dottrina cattolica: «Ricordiamoci
che il cristianesimo e la massoneria sono essenzialmente inconciliabili,
così che iscriversi all’una significa separarsi dall’altra». Purtroppo
sono state organizzate varie manifestazioni scolastiche, pagate
con denaro pubblico, per “celebrare” la nascita di questo presunto
eroe ma, fortunatamente, ci sono in atto altre manifestazioni,
come la nostra (disponibile gratuitamente per le istituzioni scolastiche
che la richiedano), che tendono a ripristinare una verità propagandata
sempre incompletamente. Tornando alla manifestazione scolastica
presso l’ ITIS “F. Giordani” di Caserta si può dire con soddisfazione
che, grazie anche all’ausilio della prof. Silvana Virgilio ed
al prof. Lorenzo De Simone, si sia potuta svolgere una “Contro
Storia” al fine ultimo di dare ai discenti uno strumento aggiuntivo
per una “autonoma e completa critica” di quella tragica epopea.
Ha chiuso in bellezza, l’intervento dell’attento studioso dirigente
scolastico dr. Villari Francesco che ha invitato nuovamente il
dr. De Chiara per completare un confronto obiettivo con gli studenti
su quegli argomenti risorgimentali oggetto sempre di vivaci discussioni
ma necessario per la Conoscenza in genere e per quella della Storia
in particolare. Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 0 _____________________________________ Messaggio
N°212 del 18-03-2007 - 11:18 W
IL BACCALA' Antefatto. Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 2 Inviato
da Anonimo _____________________________ Inviato
da Anonimo ______________________________
Messaggio N°209 del 15-03-2007 - 17:42 Caro
Capodanno questa volta Megaride è dubbiosa Il mercato di Antignano, retaggio di tempi arcaici quando il Vomero era considerato il “quartiere dei broccoli” e ad in quella zona, tra poche casupole e tanta campagna, vi era la stazione del dazio, è fuori dal tempo oltre che emblema di degrado ed illegalità. Oggi il Vomero è un quartiere residenziale con una densità di quasi 30mila abitanti a chilometro quadrato e circa duemila esercizi commerciali a posto fisso. Questo mercato non ha alcuna ragione di esistere, anzi è pericoloso perché la maggior parte dei prodotti venduti, alimentari, vanno ad imbandire quotidianamente le tavole dei napoletani, dopo essere rimasti esposti, per ore se non per giorni, agli agenti inquinanti che non da oggi appestano il quartiere collinare. Da quando ero presidente della Circoscrizione, negli anni ’80, portò avanti questa battaglia di civiltà per restituire un’area, costituita essenzialmente da strade che collegano piazza degli Artisti con la zona del polisportivo Collana, alla loro funzione originaria di arterie destinate alla viabilità, delle quali il quartiere ha urgente bisogno per decongestionare il traffico. Quelle strade non hanno peraltro nessuno dei requisiti richiesti dalle norme per diventare aree mercatali. Difatti, a parte l’esposizione delle merci sulla pubblica via, vietata anche da diverse ordinanze sindacali, l’ultima delle quali, la n. 1342 firmata il 10 agosto dell’anno scorso, che, non consentendo espressamente la commercializzazione di prodotti alimentari, nocivi per la salute, prevede il sequestro e la distruzione di alimenti posti in tali condizioni, mancano i servizi igienici, le bocche d’acqua per la pulizia ed i contenitori a scomparsa per la raccolta dei rifiuti solidi. In altre parole si opera in condizioni igienico-sanitarie di estremo degrado e pericolose per la pubblica salute. A riprova il dato che le numerose famiglie residenti della zona devono convivere da lustri con strutture arrugginite e precarie, lasciate perennemente per le strade interessate, molte delle quali a fianco di esercizi a posto fisso, che preferiscono utilizzare la pubblica via piuttosto che i locali commerciali retrostanti, devono districarsi tra montagne di rifiuti organici maleodoranti che peraltro costituiscono il tabulo della fauna cresciuta a dismisura in zona, formata essenzialmente da blatte e roditori. Un bubbone da eliminare dopo anni ed anni di battaglie che in passato hanno visto già l’intervento della Magistratura penale. Battaglie che si scontrano evidentemente contro i cosiddetti poteri forti che, presumibilmente, si annidano anche nelle istituzioni e che, in qualche caso, vengono sostenuti anche da campagne medianiche, tese ad enfatizzare la presunta volontà dei vomeresi a mantenere una bruttura che rappresenta, per come si manifesta, solo l’esistenza di una zona della città dove le leggi dello Stato non vengono rispettate e dove si mette a rischio la salute dei cittadini. Mi auguro che l’iniziativa della Procura della Repubblica partenopea vada avanti, e che l’area di Antignano, venga liberata al più presto, eliminando definitivamente questo assurdo ed anacronistico mercato anche al fine di poter porre mano ad un serio progetto di riqualificazione urbanistica nel rispetto dei valori storici dell’antico quartiere collinare della Città.
Una risposta umile e forse incompetente dalla redazione: Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 8 Inviato da Anonimo ______________________________ Inviato da Anonimo ______________________________ Inviato da Anonimo _______________________________ Inviato da Anonimo __________________________________ Inviato da Anonimo ________________________________ Inviato da Anonimo _________________________________ Inviato da Anonimo _________________________________ Inviato
da Anonimo ________________________________ Messaggio
N°208 del 14-03-2007 - 13:46 I
cristicchi e i cristiani acCATTOnINTELLETTUALOIDI Abbiamo rivolto ad alcuni lettori personale invito a voler giudicare il testo di una nota canzone del vincitore di Sanremo 2007, Simone Cristicchi, per aprire un dibattito sull’ampia tematica della novella persecuzione ai Cristiani che troppo spesso viene sordidamente addebitata ai conflitti interreligiosi con l’Islam. Siamo abbastanza adulti per ritenere che l’Islam non debba essere il capro espiatorio di questa sudicia tenzone ch’è invece strumentale ad altri “poteri” ed imperialismi che gestiscono, sfasciandolo, il mondo, poiché Islam e Cristianesimo sono entrambi vittime del diabolico gioco. Pubblichiamo di seguito il testo della canzone ed alcuni dei giudizi già pervenutici, con l’intesa di assommarne altri nell’opportuna sezione “commenti”, per arricchire una sorta di dossier che sia un autentico manifesto di protesta rivendicativa dei nostri originari valori identitari. M.S.
Mi ricordo da bambino mi portavano alla messa ed io seguivo la funzione con un'aria un po' perplessa... il prete stava in piedi sull'altare col microfono spiegava i passi del Vangelo con tono monotono col tempo e con la scusa di giocare all'oratorio mi infilarono nel mucchio catechismo obbligatorio perché non sta bene, non puoi essere diverso emarginato come pecora smarrita dentro a un bosco al di fuori del contesto... inginocchiati per bene, adesso dì le preghierine non dubitare mai dell'esistenza del Signore lascia stare le tue fantasie sessuali di bambino quante volte ti sei masturbato il pistolino? Il prete in molti casi è un uomo molto presuntuoso nonostante l'apparenza di un sorriso zuccheroso crede di essere il depositario di una verità assoluta ad ogni tua obiezione, lui rigira la frittata! Prete! Io non ho voglia di ascoltarti Prete! Non hai il diritto di insegnarmi Niente! Sei bravo ad inventare e a raccontare favole Per addomesticare le paure della gente! Non ho bisogno più di credere a un Prete! Se la Madonna piange sangue, è noia! Sei bravo e fai di tutto per alimentare, per tenere in piedi La bugia più grande della storia. La bugia più grande della storia La storia della Chiesa è seminata di violenza, di soprusi la Santa Inquisizione è prepotenza e poi genuflessioni collettive dei politici salvezza delle anime, la rendita degli immobili ma quanti begli affari fate con il Giubileo e quanti bei miliardi che sta alzando Padre Pio Se Gesù Cristo fosse vivo si vergognerebbe Delle tonnellate di oro e delle vostre banche Prete! Io non ho voglia di ascoltarti Prete! Non hai il diritto di insegnarmi Niente! Sei bravo ad inventare e a raccontare favole Per addomesticare le paure della gente! Non ho bisogno più di credere a un Prete! Se la Madonna piange sangue, è noia! Sei bravo e fai di tutto per alimentare, per tenere in piedi La bugia più grande della storia La bugia più grande della storia Perdonate questo sfogo troppo anti-clericale in fondo ognuno è libero di scegliersi la sua prigione libero di farsi abbindolare, ipnotizzare dal papa, dal Guru, dal capo spirituale ma la cosa deprimente e che mi butta giù è vedere quella folla alla Giornata della Gioventù la mia sola religione è vocazione per il dubbio , IO non crederò a qualsiasi cosa dica un Prete! Io non ho voglia di ascoltarti Prete! Non hai il diritto di insegnarmi Niente! Sei bravo ad inventare e a raccontare favole Per addomesticare le paure della gente! Non ho bisogno più di credere a un Prete! Se la Madonna piange sangue, è noia! Sei bravo e fai di tutto per alimentare, per tenere in piedi La bugia più grande della storia PRETE!
I commenti,
di diverso carattere, emblematici, da noi selezionati e che aprono
il dibattito: c) Enzo Vitale
da Pizzoferrato (l’aquila) segretario della pro-loco: Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 9 Inviato
da crocco57 _______________________________ Inviato
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N°197 del 08-03-2007 - 21:51
Evviva quel
Sud capace di sfatare i luoghi comuni della menzogna unitaria! L’istruzione scolastica? Fu organizzata già nel Regno delle Due Sicilie da Ferdinando IV di Borbone. Un documento del 1778, conservato tra le deliberazioni dell’Università di Lucera, rivela l’obbligo, per gli enti ecclesiastici della città, di dar vita a scuole pubbliche per l’insegnamento gratuito Lucera, marzo 2007 Tra le deliberazioni dell’Università di Lucera, conservate presso la locale biblioteca, vi è quella inerente la copia di un dispaccio, non privo di interesse, emanato da Ferdinando IV di Borbone e relativo alla organizzazione scolastica da attuare nell’intero Regno. Il dispaccio in questione prevedeva, per Lucera, l’ordine di istituire, da parte dei religiosi, pubbliche scuole dove «…coloro che vorranno concorrervidi qualsiasi ceto, senza distinzione alcuna, e specialmente quelli della più infima plebe, siano gratuitamenteistruiti nel leggere, scrivere e far di aritmetica, nei primi erudimenti della grammatica, e nel catechismo…». E pensare che l’atto di nascita della legislazione scolastica risalente al costituendo Stato italiano conla L. 13 novembre 1859 sottolineava la «…gratuità scolastica» quasi come un fatto nuovo ed esclusivo. Nel censimento del 1871, poi, si accerta che dopo 10 anni di scuola obbligatoria, l’analfabetismo, invece di diminuire, era notevolmente aumentato. Nel 1907 F.S. Nitti, in un discorso pronunciato in Parlamento, dichiara: «In Italia la popolazione scolastica è così scarsa dopo 50 anni di unità e dopo 30 anni di istruzione obbligatoria, che si può dire che lo scopo della legge del 1877 non fu mai realizzato. Vi sono almeno 4 milioni e mezzo di bambini che avrebbero l’obbligo di seguire le scuole, ma sono appena 2 milioni e settecento mila che la frequentano…». Se si pensa ancora che la stessa legge Orlando del 1904 imponeva ai comuni di istituire scuole fino alla 4ª classe, nonché di assistere gli alunni più poveri, allora sì che c’è da riflettere.
Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 1 Inviato
da vocedimegaride _________________________________
Messaggio
N°134 del 26-01-2007 - 23:55 Autorevole
convegno sulla "Napoli-Portici"
Oggi venerdi, alle 10,30 nella Sala consiliare della Provincia
di Napoli, nel chiostro di Santa Maria La Nova, si è tenuto il
convegno sul tema "La strada di ferro Napoli-Portici", voluta
da Ferdinando II di Borbone nel 1839. All'incontro, suddiviso
in due sezioni, hanno preso parte l'architetto Mario De Cunzo,
l'assessore all'edilizia del comune di Napoli Felice Laudadio,
l'architetto Franco Lista e l'urbanista Aldo Loris
Rossi, il sindaco di Portici Vincenzo Cuomo, per la tematica concernente
il progetto "Traguardo Restauro". Quindi, per la sezione prettamente
storica, intitolata " La Storia Inesausta", hanno preso la parola,
descrivendo le nostre glorie trascorse e raccontando episodi salienti
della Civiltà che ci ha partoriti nonchè gustosissimi aneddoti
legati alla inaugurazione della storica ferrovia, importanti storici
meridionalisti quali Antonio Formicola, Antonio Gamboni, Gabriele
Marzocco e Luciano Salera. Interessantissimo e vivace, frizzante
e senza cali di tono, il convegno coordinato da Umberto Franzese,
si inserisce a meraviglia nel progetto identitario, di gran levatura
culturale, che il dinamico consigliere provinciale Luigi Rispoli
sta costruendo da tempo, come un enorme puzzle, per sensibilizzare
in particolare le nuove generazioni di napoletani alla riacquisizione
di quelle radici patrie occultate dalla menzogna risorgimentale.
Il consigliere Rispoli ha infatti presentato il convegno e gli
autorevoli relatori ad una numerosa platea di cultori ed amanti
appassionati della AUTENTICA CIVILTA' PARTENOPEA. Tra i presenti,
con piacere abbiamo osservato una folta ed attenta rappresentanza
di studenti del Suor Orsola Benincasa che, oggi, si sono illuminati
di qualche bagliore di positiva napoletanità, scevra delle solite
iconografie e folklori e molto... molto distante dalle cronache
quotidiane del presente. Intanto, il percorso culturale intrapreso
da Luigi Rispoli prosegue in fase di accelerazione e ben presto
altre perle si aggiungeranno alla collana preziosa di Partenope.
Ma addentriamoci nei lavori del convegno... Luigi Rispoli, ha
evidenziato lo stato di fatiscenza di quello che rimane del primo
tratto di ferrovia d’Italia, inaugurato nel 1839 da re Ferdinando
II di Borbone. Il sindaco di Portici, Vincenzo Cuomo, ricordando
le potenzialità di un recupero dell’antica ferrovia, si è soffermato
sulla possibilità di creare un collegamento dal Granatello, vecchia
stazione della gloriosa ferrovia, al Vesuvio. Anche l’assessore
all’edilizia del Comune di Napoli, Felice Laudadio, ha auspicato
interventi su quello che rimane della stazione Nolana, struttura
ridotta a poco più di un rudere, sostenuta all’interno da un albero
di fico e all’esterno da tabelloni pubblicitari, tubi di ferro
e circondata da venditori di prodotti di infima qualità. Gli architetti
Mario De Cunzo e Franco Lista, si sono soffermati su “Traguardo
recupero”; l’urbanista prof. Aldo Loris Rossi, da par suo ha spiegato
lo sviluppo abnorme della città. Per la Storia Inesausta i relatori
Antonio Formicola, Antonio Gamboni, Gabriele Marzocco Luciano
Salera hanno, ognuno, contribuito a ricostruire l’affascinante
storia di uno dei primati dell’Italia pre-unitaria. La ferrovia,
costruita in soli tre anni, su unico binario, si snodava lungo
il sobborgo di Santa Maria di Loreto, sui ponti dell’Arenaccia,
del fiume Sebeto per poi proseguire verso la strada Regia delle
Calabrie, costeggiando la spiaggia, lungo il miglio d’oro, dove
l’aristocrazia napoletana iniziava a costruire lussuose ville
per le vacanze.Testimonianza della lungimiranza di Re Ferdinando,
il Regio Opificio Pirotecnico e della locomotiva, che arrivò a
contare fino a 700 dipendenti, oggi Museo di Pietrarsa, unico
nel suo genere e momentaneamente chiuso. Si estendeva su 45.000
metri quadrati e comprendeva fonderie, officine meccaniche e scuole
per carpentieri e rimase in funzione sino al 1975. Tra i modelli
esposti la locomotiva del 1839, quattro vagoni del viaggio inaugurale,
caldaie termiche, lanterne, magli, tronconi di binari. Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 0 Messaggio
N°126 del 21-01-2007 - 20:22 PARTENOGENESI
Io credo nel destino ch’è racchiuso nei nomi. I nomi non sono altro che dei mantra, formule divinatorie evocative ed invocative che se declamate con intenzione dagli occultisti di turno - nel bene e nel male - suggellano incantesimi e sortilegi. Gli operatori della “magia”, infatti, si premurano di presentarsi alla collettività con uno pseudonimo, mantenendo ben segreto il proprio nome, per non cadere vittime delle temute malìe altrui, così com’é sempre valida per loro, da millenni, la regola aurea del VOLERE – OSARE – POTERE e… TACERE. Nei nomi c’è un’energia sottile, un’intelligenza autonoma… uno spiritello elementale che fornisce una sorta di imprimatur alla personalità del “nomato”… perché un nome non è altro che un suono, una vibrazione e nel Kibalion di Ermete Trismegisto - tra i principi ermetici sui quali si basa la vita dell’Universo - il terzo principio enunciato è proprio quello della vibrazione: “Tutto si muove, tutto vibra e niente è in quiete. … chi comprende questa grande regola ha in mano lo scettro della potenza.” Il potere del suono del nome è nel riattivarsi delle sue primitive vibrazioni. In innumerevoli casi, quando poi ci mette lo zampino pure l’invidia degli Dei, alla sfiga del battesimo celeste si aggiunge la rogna totale, com'è nel caso di Napoli. Le Moire della tradizione greca presiedevano al destino dei terrestri; venivano chiamate anche Fatae - dalla parola Fato - già in epoca romana quando le medesime Moire furono appellate (nella mitologia) Parche… Stranamente, il termine “parco” in italiano è anche un’aggettivazione e sta ad intendere moderato, sobrio, frugale… parsimonioso… molto contenuto… ovvero anche TIRCHIO… Insomma le Parche sarebbero “fini a se stesse” nel distribuire doni ai mortali: taccagne! Se il nome di Napoli è quello della creatura mortale Parthénos (vergine), una sirena bellissima, dolcissima, femminilissima ma…ahinoi!… inviolabile, asessuata e non prolifica, per giunta oppressa dal fato drammatico e triste che la condusse alla morte… praticamente, uno spietato caso di “nomen omen”… i dettagli per comprendere il destino di Napoli sono a questo punto lampanti! Paradossalmente, il popolo napoletano ch’è figlio della Sirena, si sarebbe riprodotto – nomen omen – per PARTENO-GENESI, tenuto presente che in natura la partenogenesi è un modo di riproduzione in cui lo sviluppo dell’uovo avviene senza che questo sia stato fecondato… già li vedo, i napoletani, gloriarsi in proposito, convinti d’essere “razza eletta” ovvero il prodotto di un’altra mistica “Betlemme” in terra, anche loro di origine divina… ma devo assolutamente frenare l’ingiustificato entusiasmo, aggiungendo subito che la modalità della partenogenesi è comune solo – testualmente - a “piante e animali INFERIORI”. Soprattutto osservando il prodotto del ripetersi delle clonazioni nelle ultime generazioni napoletane, in particolare la sua classe dirigente, non v’è ombra di dubbio circa la partenogenesi napoletana. Se foste ancora ostili o alquanto increduli, aggiungerò un altro elemento a favore della tesi della moltiplicazione dei napoletani per partenogenesi: cosa nascose Virgilio “mago” nelle fondamenta di Castel dell’Ovo?… lo dice il nome stesso del luogo; un UOVO!… Ebbene, è il famoso uovo di un animale inferiore, non fecondato, dal quale per PARTHENOS-genesis si sarebbero clonati all’infinito esemplari quali, tanto per fare qualche nome: TORE 'e CRESCIENZO.... LIBORIO ROMANO... quindi i contemporanei, tanto per citare qualche nomen omen: POMICINO… BASSOLINO… eccetera... Non ci resta che sperare nell’avverarsi della profezia virgiliana ovvero nel frittatone finale di quell’uovo ormai marcio! Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 1 Inviato da Anonimoil 24/01/07 @ 18:23 Grandeee! Che fantasia che cultura che dialettica! Complimenti! Laura Ruocco. ----------------------------------------------- Messaggio
N°125 del 20-01-2007 - 10:29
Parlami e ti dirò chi sei
La presidente
del Consiglio regionale Sandra Lonardo e il vicepresidente Salvatore
Ronghi in un incontro con il consigliere provinciale Luigi Rispoli
e con docenti, storici e cultori della lingua napoletana, si sono
impegnati a sollecitare la VI commissione cultura del Consiglio,
"affinché venga approvata, in tempi brevi, la legge per l'insegnamento
della lingua napoletana nelle scuole medie". L'iniziativa, partita
del capogruppo di Alleanza Nazionale, Luigi Rispoli fu presentata
il 22 marzo scorso al Consiglio Provinciale ottenendo il massimo
consenso dell'assemblea. Dal mese di maggio è ferma a Palazzo
di Santa Lucia. "La lingua napoletana - ha dichiarato Rispoli
- è una grande opportunità ed un grande patrimonio culturale che
va salvaguardato, al di là delle appartenenze politiche. Nella
Regione Lazio sono stati più tempestivi di noi, approvando all'unanimità
una legge per la tutela e la valorizzazione dei dialetti laziali
con particolare riferimento al romanesco". I convenuti hanno rappresentato
alla Presidente "che, al pari dello studio di lingue 'morte' come
il latino ed il greco, di cui giustamente nessuno contesta la
validità dell'impegno perché rappresenta un modo per avvicinarsi
alle civiltà di cui quei sistemi linguistici erano espressione
e di cui noi oggi siamo eredi, allo stesso modo lo studio della
lingua napoletana può rappresentare un modo per fare riscoprire,
soprattutto ai nostri giovani, le nostre radici". La Presidente
Lonardo si è impegnata, come accennato all'inizio, a portare l'argomento
all'attenzione della Conferenza dei Capigruppo al fine di far
giungere il provvedimento all'esame dell'aula sin dalle prossime
riunioni del Consiglio Regionale. Nel convegno svoltosi nell'autunno
scorso a Santa Maria La Nova, il presidente della Provincia Dino
Di Palma, ricordò come "i nostri emigranti, con tutte le contaminazioni
dei vari casi specifici, continuano a parlare in dialetto napoletano
e non italiano, conservandone la musicalità". Nel cordiale incontro
la delegazione formata da Silvana Capuano, Umberto Franzese, Franco
Lista, Carlo Iandolo, Maurizio Cuzzolin, Mario Carillo la presidente
Lonardo non ha escluso un seminario con la partecipazione di una
nobile napoletana trasferitasi negli Stati Uniti dove ha costituito
un'Accademia del dialetto napoletano. L'editore Cuzzolin, ha rilevato
come i libri sulla napoletanità, rispetto a quelli di altre regioni,
sono i più venduti a livello nazionale. Iandolo, autore della
grammatica napoletana ha ricordato che in molte università italiane
esistono cattedre di lingua partenopea. Nel progetto di legge
è prevista l'istituzione dell'Accademia della Vicaria Vecchia,
punto di riferimento per la conservazione di elaborati, ricerca
storica e linguistica, percorsi formativi, preparazione di una
grammatica e un vocabolario, archivi sonori e videocinematografici.
La Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici, per il quarto
anno consecutivo, ha approvato un piano d'interventi e di finanziamenti
per la realizzazione di progetti nazionali e locali nel campo
dello studio, delle lingue e delle tradizioni culturali. Rientrano
in questo piano, la lingua sarda, friulana, arbereshe, croata,
ladina, slovena, germanica, francese-occidentale-franco/provenzale,
un ricco patrimonio a rischio estinzione. L'auspicio degli intervenuti,
come per la lingua arabesche che si parla a Greci in provincia
di Avellino e molti paesi del Molise, anche per la lingua napoletana
la Regione Campania, approvi al più presto, una legge per la difesa
dell'idioma partenopeo. Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 0 ----------------------------------------------- Messaggio
N°121 del 17-01-2007 - 23:25 Eccezionale
ritrovamento
Caiazzo-Santo Stefano Menecillo Rinvenuto sarcofago dell’anno 1023 Inviato da:
vocedimegaride - Commenti: 0 -------------------------------------------------
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N°111 del 07-01-2007 - 22:27
Bandiera arlecchina
per il Paese di Pulcinella La matematica è un’opinione? L’uomo della strada si chiede: L’Italia UNA non ha neppure 150 anni eppure la sua bandiera, oggi, festeggia il 210.mo compleanno. Qualcosa non torna. Viene spontaneo pensare agli ignari sovrani degli italici stati pre-unitari che di certo, nel 1797, manco nella lettura della palla di cristallo e delle profezie del Ragno Nero avrebbero lontanamente immaginato, all’apice della “sovranità”, di dover smammare dalla Storia con le singole identità e geopolitiche, per svanire sotto un drappo tricolore, nonostante, qui e là, qualche intemperanza di qualche isolato reazionario quasi sempre filo-massone. Che il nostro variegato popolo italico si sentisse italiano e tricolore già nel 1797 è fantascienza a bordo della macchina del tempo! Umilmente dichiarando tutta la nostra ignoranza invochiamo lumi in proposito ai dotti professoroni di storia patria, se avranno la bontà di dedicarci un po' della loro scienza umanistica. Altro dilemma curioso riguarda l'ultimo Plebiscito italiano che vide trionfare la Repubblica sulla monarchia sabauda; ancora oggi, la Repubblica si ammanta delle vestigia e dei simboli sabaudi: l'inno di Mameli ed i corazzieri, per citarne qualcuno. La retorica regge difficilmente in equilibrio le motivazioni ed i metodi che si spesero per fondare alla chetichella l'Italia UNA e alla "carlona" si arrabatta monocorde tra una "botta" di Risorgimento ed una "botta" di Resistenza, ammannite fino alla nausea per tener desto lo spirito nazionale ed un'italianità che a distanza di centocinquant'anni è ancora evanescente. Se qualcuno avesse l'intelligenza di spiegare agli "italiani" tutti i misteri ed i peccati che concorsero alla Unità fatta di indiscutibili pregi (per pochi eletti) ma di eclatanti difetti, finalmente ci si potrebbe intingere nell'italianità e non sentirci più terra di conquista; forse, cesserebbero anche tanti "razzismi" tra le etnìe italiche del "sù" e del "giù". Finchè perdurerà il dogma ovvero questo tabù, prolificheranno le contraddizioni, gli inganni, i comportamenti illeciti, le esterofilie alla ricerca di bandiere più consone. Errare è umano, la Storia ritorna spesso sui suoi errori, così come è in grado di rivendicare se stessa. Dai "padri" della Patria abbiamo ereditato il peggio: capita l'antifona, da sempre ci sforziamo di emularli, soprattutto nella contraddizione. Questo è, infatti, quello strano Paese dove qualcuno fa lo sciopero della fame e della sete contro la Pena di Morte, mentre due settimane prima aveva combattuto contro la Pena di Vita. Che differenza c'è tra una sentenza capitale e l'eutanasia... o... ad esempio, l'aborto? Non è comunque pratica di morte provocata da mano umana?... Perchè tutta questa caritatevole pietà per Saddam e non anche per le migliaia di sudditi condannati a morte ogni anno in Cina? Perchè invocare i diritti umani per Saddam e calpestarli e rinnegarli nei confronti dei cinesi, degli americani stipati nei bracci della morte, delle donne in chador lapidate ogni anno? Per loro, chi scende in piazza, chi chiede moratorie, chi sciopera?... Eppoi, gli italiani, glistessi che aiutarono l'America a fabbricare Saddam ed a stringere, poi, la mano a Bush per averlo buttato via... gli stessi che praticano, oggi, il buonismo pro-Saddam, dimentichi della vergogna di piazzale Loreto! Gli italiani che combatterono la Mafia la rivollero poi a curare lo sbarco alleato in Sicilia ed il buon Lucky Luciano si cambiò d'abito come un trasformista: da bandito a istruttore dei partigiani, paracadutato come l'eroe Nembo Kid in montagna. I vandeani del Mezzogiorno, invece, nel risorgimento, ce li cambiarono da partigiani in banditi... Altre contraddizioni, sintomo del costume italiano? Pagare i ricercatori ottocento euri al mese con contratto a tempo determinato ed i calciatori e le veline milioni di milioni. Pagare le forze dell'ordine con stipendi da fame, fargli rischiare la vita per assicurare criminali alla Giustizia che vengono poi rimessi in libera circolazione, carichi dell'opportuno spirito di vendetta verso chi li aveva arrestati.... "Lavorare" appena 35 mesi, i deputati (anche quelli già ricchi che fanno la "spesa proletaria" dove noi paghiamo anche i sacchetti con il logo pubblicitario dell'esercizio) per assicurarsi una super-pensione a vita e mandare in pensione i veri lavoratori solo quando sono all'ultimo stadio della mummificazione... Promulgare una legge Finanziaria durissima ed iniqua per la gente comune, con la scusa di riparare ai disastri economici degli anni precedenti, darle lo "start" al primo di gennaio, per poi confessare, il tre di gennaio, che quei disastri non c'erano e che... anzi... si sono avuti risultati economici impensabili!... Dichiarare di voler, per onestà, eliminare le spese ministeriali superflue ed inutili, per riossigenare le casse e magari destinare fondi alla ricerca, alla sanità, alle dame di san vincenzo, agli orfanelli... eppoi organizzare i conclave ministeriali fuori delle sedi deputate, in località prestigiose, muovendo migliaia di poliziotti, carabinieri, vigili urbani, giornalisti e giornalai, Tv, elicotteri, automobili, mezzi corazzati, camerieri e maggiordomi, autisti, segretarie... spendendo e spandendo per ogni starnuto che a questi "cesari " gli capiterà di fare in un conclave peraltro non di emergenza. Meno male che hanno inventato le teleconferenze... forse, le usano solo per chattare su Yahoo!... Altre contraddizioni?... Pagare un canone alla RaiTV per vedere repliche delle repliche ad ogni ora di ogni giorno ed imbottirci di demagogia e pubblicità pro-consumismo, come dei masochisti!... Ed ancora... dichiararsi padano, anti-italiano, anti-tricolorico e sedere nel Parlamento Italiano... Se non è questo il Paese di Pulcinella, fate voi... ma per rimanere sudditi di questa Commedia dell'Arte allora non basta un tricolore sotto cui identificarci: ci vuole una bandiera multicolore, arlecchina! Arlecchino, servo di più padroni! Inviato da: vocedimegaride - Commenti: 2 Inviato da Anonimo -------------------------------------------------
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