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In tema di federalismo e dei luoghi comuni sulla "meridionalità", si ritiene opportuno affidarne il commento di chiusura all'illuminante parere dell'illustre prof. Giuseppe Galasso, senza null'altro aggiungere.

da: "Regioni, l' efficienza non segue lo schema Nord-Sud"

È difficile dare torto a chi si preoccupa, come Cassese, prima ancora che dei costi, del grado di preparazione delle Regioni alla gestione degli ampi poteri previsti dalla riforma in discussione. Il regionalismo nacque in Italia da esigenze e disegni di autonomia amministrativa: avvicinare al massimo lo Stato al cittadino superando lungaggini e mali o inconvenienti della troppa burocrazia e uniformità del moderno Stato accentrato. Poi vi fu una concezione diversa: le Regioni come organo di indirizzo e di programmazione (compiti legislativi e impianti burocratici leggeri, forte capacità di stimolo e di controllo, oltre che di sollecitazione, delle energie locali, e quindi lieve profilo gestionale ed esecutivo). Non è stato affatto così. Più ancora che copiare l' una dall' altra, le Regioni hanno copiato dallo Stato: struttura ministeriale, elefantiasi burocratica e legislativa, netta prevalenza della gestione e dell' esecutivo su ogni altra funzione. Insomma 21 Rome invece di una, 21 Parlamenti, 21 centralizzazioni regionali con le relative 21 burocrazie. Naturalmente, un giudizio così negativo riesce ingeneroso e, quel che è peggio, infondato. La sostanza è, però, quella, e il suo senso storico è che l' autonomia regionale è riuscita meglio là dove preesistevano robuste tradizioni di autonomia locale. Se, perciò, si volesse parlare, dopo alcuni decenni, di nuove classi dirigenti grazie all' esercizio dei poteri regionali, e quindi di un arricchimento, in tal senso, del tessuto nazionale e locale, ci troveremmo in imbarazzo, poiché il meno (ciò in cui non si è riusciti) è senz' altro prevalso sul più (ciò che si è ottenuto). Ha senso, allora, la distinzione fra Regioni migliori e Regioni peggiori? Un certo senso lo ha, sicuramente, anche perché si lega all' accennato rapporto fra sviluppi regionali e preesistenti tradizioni municipali. Ma non più di un certo senso, che non si vede come si possa utilizzare politicamente per attuare gradatamente da luogo a luogo la riforma dei poteri regionali. Ancora più sicuro è poi che una tale distinzione non possa essere schematizzata nella distinzione tra Nord e Sud del paese. Solo per un esempio, e anche per esperienza personale, ricordo che nell' attuazione della legge sulla tutela del paesaggio qualche Regione del Nord, e non delle minori, non si comportò per nulla meglio delle "peggiori" del Sud. E quanto alla meridionalizzazione dello Stato, non direi affatto che c' è stata. Si è meridionalizzata, e largamente, la burocrazia: ma non è per nulla la stessa cosa. Lo Stato (ossia, la complessiva ed effettiva forza di indirizzo e di gestione, di potere decisionale e di condotta e sviluppo degli affari nazionali) è stato davvero assai poco meridionalizzato. Anche gli impulsi decisivi della storia nazionale sono molto più venuti dal Nord al Sud che viceversa: l' unità nazionale, i movimenti socialisti e cattolici, cooperazione e sindacato, l' economia industriale, il Fascismo, la Repubblica, la diffusione del comunismo, e si potrebbe continuare e dettagliare. Necessario è, comunque, superare, in ciò, la divisione antica, ma infondata e infeconda, tra gli Italiani che vedono lo Stato occupato e stravolto dai meridionali e quelli che lo vedono come conquistatore e indefesso oppressore del Sud dal 1860 a oggi. La storia e la realtà nazionali sono state e sono, per fortuna, molto più complesse, con responsabilità e meriti poco inegualmente distribuiti, in un viluppo solidale, interdipendente e, nel complesso, positivo e vitale (lasciamo stare i vantaggi): come poi tutti in effetti, dentro di sé, sanno (e, infatti, l' Italia è perciò molto più nazione di quanto non creda e non dica). Un federalismo a scaglioni territoriali (una bella idea teorica) anche per tutto ciò, e non solo perché è di inverosimile accoglienza nel mondo politico (l' accoglienza dell' opinione pubblica sarebbe anche peggio), appare di fatto difficilmente proponibile. Che il fronte delle Regioni o proceda tutto insieme o (evenienza che ora pare difficile) resti fermo è una giusta considerazione di Cassese, ma che va letta anche alla luce di quanto si è qui cercato di fare presente.

(Giuseppe Galasso - da "Corriere della Sera" - lunedì, 20 settembre, 2004)





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