21
La politica fiscale
La politica fiscale perseguita dallo Stato
unitario fu un caso di vero e proprio drenaggio di capitali che dal Sud
andarono al Nord. La pressione fiscale in agricoltura crebbe sotto i Piemontesi
e crebbe in maniera difforme, non equa. Così, mentre nelle Due
Sicilie si pagano 40 milioni d'imposta fondiaria, nel 1866 se ne pagheranno
70, contro i 52 del Nord.
La sperequazione è anche più evidente se si considerano
le aliquote per ettaro: nelle province di Napoli e Caserta si pagano L.9,6
per ettaro contro la media nazionale di L. 3,33. Lo stesso avviene per
le tasse sugli affari che incidono per L. 7,04 pro capite in Campania,
contro 6.70 in Piemonte e
6,87 in Lombardia.
In seguito, quando si pose il problema di perequare I'imposta nelle
province(1) (Lombardia-napoletano) che pagavano
di più, il risultato fu che le tasse diminuirono in Lombardia ed
aumentarono nel napoletano. Si calcola che l'ingiustizia fiscale sia costata
al Sud 100 milioni/anno e che abbia ricevuto dall'erario nei primi 40
anni dell'unità molto meno di quanto sborsasse.
Imposta personale
Tassa sulle successioni
Negli anni seguenti le cose non cambieranno,
cosi nel primo decennio del secolo una provincia depressa come quella
di Potenza paga piu tasse di Udine e la provincia
Tassa sulle donazioni. mutui e doti; sulla emancipazione ed adozione
Tassa sulle pensioni
Tassa sanitaria
Tassa sulle fabbriche
Tassa sull'industria
Tassa sulle società industriali
Tassa per pesi e misure
Diritto d'insinuazione
Diritto di esportazione sulla paglia, fieno ed avena
Diritto sul consumo delle carni, pelli, acquavite e birra
Tassa sulle "mani morte"
Tassa per la caccia
Tassa sulle vetture
(Tav.5 - Le imposizioni fiscali al Sud subito
dopo la conquista Piemontese(2) )
Con l'unità, inoltre, il Sud farà
altre spiacevoli conoscenze, oltre che con la massa di tasse portate dai
piemontesi: il debito pubblico pro-capite degli Stati sardi era il quadruplo
di quello dell'Antico Regno ed il Sud fu costretto ad accollarsi centinaia
di milioni spesi dal Nord.
Il debito pubblico si accrescerà di altri 3,4 miliardi nei primi
dieci anni dell'unità.
Non è tutto: la vendita dei beni ecclesiastici frutterà
allo Stato unitario oltre 600 milioni. I capitali del Sud furono cosi
rastrellati e resi disponibili per iniziative al Nord, i latifondi risultarono
incrementati, sottraendo ai contadini gli "usi civici" precedentemente
trattati.
La pressione fiscale non diminuirà al Sud neanche nel periodo 1883-97,
i duri anni della crisi protezio-nistica: indicative sono le cifre per
espropriazioni per il mancato pagamento di tasse"(3).
La spesa pubblica
La spesa pubblica appare prevalentemente
concentrata al Nord.
Lombardia |
92.165.174
|
Veneto |
174.066.407
|
Emilia |
130.980.520
|
Sicilia |
1.333.296
|
Campania |
465.533
|
Tav.
6 -Distribuzione della spesa pubblica in Lire (1860 - 1898)
II totale delle spese pubbliche fino al 1898
fu di L. 458 milioni e di esse solo tre regioni settentrionali ottennero
370 milioni, mentre nel Sud I'unica spesa di un certo rilievo fu l'acquedotto
pugliese (peraltro realizzato dopo il 1902). La media pro-capite per queste
spese fu di L. O,39 per abitante nel Mezzo-giorno continentale (L. 0,37
in Sicilia) contro la media nazionale di L. 19,71.
I prestiti di favore per edificare edifici scolastici raggiungono per
il Sud la punta massima in Puglia di L. 5.777 per ogni 100.000 abitanti
(Campania L. 641, Calabria 80); nel Nord le punte sono L. 13.345 in Piemonte
e L. 15.625 in Lombardia. Al Nord le scuole tecniche sono distribuite
in ragione di una ogni 141 mila abitanti, al Centro una ogni 161 mila
abitanti, al Sud una ogni 400 mila abitanti(4);
analoga la situazione delle Università.
Gli appalti sono concessi quasi esclusivamente al Centro-Nord e cosi pure
le società con monopoli, privilegi e sovvenzioni sono al Centro-Nord.
Trasporti
Anche per i trasporti il Sud è svantaggiato:
mandare una merce via mare da Genova a Napoli costa L. O,85/quintale;
in senso inverso costa L. 1,50/quintale.
Le spese(5) per spiagge, fari e fanali ammontano
al Nord a L. 278 mila per ogni km. di costa, a L. 83 mila al Centro, a
L. 43 mila al Sud ed a L. 31 mila in Sicilia; nella stessa epoca il Parlamento
respinge i progetti di leggi speciali per i porti del Sud ed approva quclli
per il Centro-Nord.
Ferrovie
Un gran parlare si è fatto sulle spese
ferroviarie che lo Stato unitario ha fatto al Sud: L. 863 milioni per
la parte Continentale, 479 milioni per la Sicilia(6).Il
tutto, però, va commisurato al totale di 4.076 milioni spesi nello
stesso periodo per l'Italia intera! Il Sud ebbe perciò meno di
un terzo dello stanziamento complessivo. Ma fu già tanto: magari
questo fosse avvenuto in tutti i settori! In effetti, questo atto di "generosità"
si rese necessario per collegare i mercati a favore degli interscambi,
utili soprattutto al Nord.
(1) L' imposta non era sul
reddito, ma si stabiliva, secondo certi parametri, su base regionale.
(2) G.Bavarese, op. cit., p. 28
(3) Cosė nel Nord si ha l'espropriazione per ogni 27 mila abitanti
circa in Piemonte e in Lombardia e per ogni 1050 in Toscana
(la regione pių colpita); nel Sud, invece, si passa dal rapporto di uno
a 900 (per Puglia e Lucania), ad uno a 655 (Campania), a 225 (Abbruzzi-Molise),
a 189 (Sicilia), a 114 (Calabria).
(4) Dati relalivi al 1897.
(5) Dal 1862 al 1897.
(6) Dal 1861 al 1898
Spese ordinarie
Analogamente avveniva per ciò che concerneva
le spese ordinarie per le normali Funzioni pubbliche dello Stato: il Sud
riceveva molto meno di quanto dava. Si deve ancora a Nitti se la leggenda
del "burocratismo" meridionale sia stata smantellata, poiché
egli ha provato, con una analisi condotta
con puntigliosità teutonica, come gli uffici dello Stato fossero
prevalentemente concentrati al Nord (scuole, magistratura, esercito, polizia,
uffici amministrativi ecc.). Tutti i codici e l'intera struttura statale
erano piemontesi, del buon "mondo borbonico" non fu conservato
un bel niente! Eppure ci si continua a riferire dispregiativamente a borbonica
come in un'estasi di ignoranza più o meno intenzionale. Il solo
Piemonte ebbe, fino al 1898, 41 ministri contro 47 dell'intero Sud e la
situazione era la stessa per tutti gli alti gradi dello Stato, come ha
documentato lo stesso Nitti.
L'attacco della Banca
Nazionale al Banco di Napoli
I primi tentativi di soffocare o subordinare il sistema bancario del Sud.
Seguirono una serie di tentativi per ridurre
il Banco di Napoli a Monte di Pegni, privarlo della Cassa di sconto o
delle operazioni di tesoreria a vantaggio della Nazionale. Si cercò
anche di varare un progetto per la costituzione di una Banca unica di
emissione, nella quale al Sud avrebbe avuto solo il 20% delle azioni(7).
Questi tentativi fallirono anche perché la borghesia meridionale
riuscì a mantenersi compatta a difesa del "suo" Banco
di Napoli.
Nel frattempo al Sud proliferarono altre di Casse di Deposito del Nord:
un quarto di quelle che saranno costituite in Italia in quegli anni. II
Banco doveva invece ottenere l'autorizzazione statale per aprire filiali
al Nord(8).
Nei primi anni post-unitari la situazione nei rapporti di forza tra Banca
Nazionale e Banco di Napoli è di sostanziale parità: la
Nazionale ha un capitale superiore a quello del Banco(9),
ma l'istituto napoletano la sopravanzerà per lungo tempo per ciò
che attiene alle riserve auree ed alla ircolazione(10).
Vi furono però una serie di provvedimenti governativi tesi a favorire
la Banca Nazionale, non per motivazioni economiche, bensì allo
scopo di renderla dominante a livello nazionale, e con essa la borghesia
del Nord(11).
Dove finiva l'oro del
Banco di Napoli ?
Nel periodo 1861-1866, il Banco vede calare
le sue riserve di 35 milioni; per contro le riserve della Banca Nazionale,
che pure ingoiava oro senza mollarne in contropartita, aumentano di solo
sei milioni. L'arcano crediamo possa spiegarsi in un solo modo: in quegli
anni la Nazionale ha costituito e sostiene al Nord quattro banche di credito
mobiliare per finanziare l'industria settentrionale in crisi(12).
Queste banche, dovendo sostenere una industria in crisi, sono anch'esse
in difficoltà poiché devono dare crediti difficilmente esigibili.
Solo il continuo, discreto, apporto della Nazionale permette loro di sopravvive-re.
In sostanza si priva il Sud di oro e di capacità di credito,a favore
dell'industria del Nord. E cosi l'industria del Sud paga le spese della
crisi al Nord con una strozzatura del credito. Ora, però, all'inizio
del 1866, la situazione delle banche sostenute dalla Nazionale si fa assai
difficile, mentre si profila la controffensiva del Banco di Napoli: il
governo la contrastò al grido "a mali estremi, estremi rimedi"!
Il 10 maggio 1866 è approvata la legge sul corso forzoso.
La legge sul corso
forzoso del 1866
Nel Piemonte preunitario le riserve auree garantivano
solo un terzo della moneta circolante. Le Due Sicilie la garantivano integralmente.
Cosi, con la conquista, il Piemonte non solo mise le mani sulla ingente
ricchezza dell'Antico Regno, ma moltiplico subito per tre il capitale
circolante! Due terzi erano pura evenienza attiva per il Nord, ma almeno
un terzo di capitale nominale sarebbe dovuto restare al Sud, in luogo
dei bei ducati d'oro di una volta. Ma non fu cosi! Abbiamo visto che con
la vendita dei terreni demaniali, il vorace Stato si impossessò
quasi di tutto, rastrellando il risparmio e lasciando il Sud senza capitali
e senza crediti (chi è disposto a dare crediti a chi è privo
di capitali e di garanzie!).
Le folli spese militari e la mania di grandezza facevano volgere la situazione
al peggio. Cosi avvenne l'italica moltiplicazione dei pani e dei pesci,
nota come corso forzoso. Con la legge del corso forzoso hi eliminata la
convertibilità della moneta in oro(13). Certo
le giustificazioni non mancarono: all'epoca si addussero motivi patriottici
e cioè di far la guerra con l'Austria. Ma se cosi fosse stato,
perché il corso forzoso fu mantenuto fino al 1883, ben oltre quindi
la breve guerra del '66? Si disse anche che la necessità del corso
forzoso derivasse dalla crisi dell'industria, messa in ginocchio dalla
concorrenza straniera. Perché allora non si ricorse al sistema
normale della tariffa doganale al posto di quello indiretto e macchinoso
del corso forzoso! Ma sopratutto perché si riconobbe il principio
della inconvertibilità solo per la moneta della banca Nazionale
e non per quella del Banco di Napoli, suo unico reale competitore? La
risposta a tali domande è che il corso forzoso(14)
era stato introdotto per cavare di impaccio la Nazionale e le banche ad
essa collegate che, grazie alla loro allegra finanza, erano sull'orlo
del fallimento. Ma la inconvertibilità della sola moneta della
Nazionale permette a questa banca di continuare placidamente il suo drenaggio
di capitali e di oro dal Sud, essendo rimasta convertibile la moneta del
Banco di Napoli(15). Il partito unitarista ebbe
come slogan quello del libero mercato, contro il "protezionismo"
borbonico, ma se si fossero lasciate agire liberamente le forze del mercato,
la Nazionale e le sue collegate sarebbero forse fallite, lasciando il
Banco di Napoli alla testa del sistema bancario italiano.
Ancora una volta, però, l'intervento politico dello Stato sabaudista
risolse una partita, che a livello economico si metteva malissimo per
il Nord.
(7) Invece,
come visto in precedenza, il Sud aveva partecipato per il 66% alla costituzione
del nuovo erario.
(8) Solo sul finire del '65 avrà una filiale
a Firenze e nel '70 a Milano e Torino.
(9) 40 milioni che diventeranno 100 nel '65 contro
i 20 del Banco.
(10) Le riserve auree della Nazionale, infatti, passano da
26 a 32 milioni dall'unità al 1866, e la circolazione (che avrebbe
dovuto essere
in rapporto di 3 a 1 con le riserve) passerà da 55 milioni del
1861 ai 124 della prima metà del 1866. Avrebbe dovuto
essere di 96 milioni se il rapporto 3:1 fosse stato rispettato. Il Banco,
invece, passa da 48 milioni di riserve auree del dicembre
'60 a 78 milioni del giugno '63, a 52 milioni del 31 maggio '64, a 43
milioni del 14 aprile '66; la sua circolazione, dopo
aver raggiunto una punta massima di 135-145 milioni nel 1864, scenderà
a 108 milioni alla vigilia del corso forzoso e solo
allora, dopo cinque anni, la Nazionale supererà lievemente il volume
di circolazione del Banco, che spessissimo l'aveva
sopravanzata, ma non supererà le sue riserve.
(11) Così si impedì al Banco di Napoli di rastrellare
l'enorme quantità di monete auree e metalliche che esistevano al
Sud (fino a
400 milioni), che avrebbero permesso di aumentare gradualmente fino a
1.200 milioni la circolazione cartacea (rapporto
di 1:3). Eppure il progetto di legge all'uopo preparato aveva avuto l'approvazione
del barone Rothschild, nonche di uno
dei più noti esperti finanziari dell'epoca, Michel
Puysat. Se si scorrono le cronache di quei tempi ci si rende conto che
l'unica
vera giustificazione di un simile operato fu quella che l'On. Avitabile,
esponente del Banco, palesò senza mezzi termini:
il progetto si era insabbiato "per non dare dispiacere alla Banca
Nazionale".
(12) E' sintomatico che al Sud ciò sia impedito, malgrado
l''industria del Sud sopravanzasse in molti settori quella del Nord.
(13) Convertibilità che ricordiamo era nel rapporto
3 lire di carta = 1 lira d'oro.
(14) La commissione parlamentare, per quanto dominata dalla
destra fautrice della legge, concluderà nel 1868 l'inchiesta sul
costa forzoso,
dicendo che di esso non vi era "veruno bisogno".
(15) In Parlamento il ministro Scialoja. napoletano e
traditore, rispose all'on. Avitabile che era una "volgare verità"
il fatto che il
Banco di Napoli veniva sacrificato dalla legge, ma che ciò era
una triste necessita.
|