11 Considerazioni Conclusive Al di là delle cifre ad effetto
riportate dalla stampa nazionale, la spesa reale per gli incentivi
industriali nel Mezzogiorno è stata notevolmente inferiore
ai fondi programmati. Dal rapporto tra programmazione delle risorse
e spesa effettiva, quest'ultima rappresenta solo il 36% degli impegni
previsti, si comprendono facilmente sia lo scarso interesse dello
Stato a tener fede agli impegni assunti sia le difficoltà
di gestione dell'Agenzia per il Mezzogiorno. Per il solo settore
manifatturiero la legge 64/86, a fronte di un impegno di circa 50.000
miliardi, ha realmente destinato alle imprese presenti nel Mezzogiorno
20.169 miliardi di lire. Il comparto manifatturiero meridionale,
dopo decenni di politiche di incentivazione che avevano l'obiettivo
di rafforzarlo ed ampliarlo, risulta oggi più debole e insufficiente
che mai. E' evidente, dunque, il fallimento delle politiche di incentivazione
industriale. Si dirà che il fallimento delle politiche di
sviluppo territoriale è dato da un insieme di cause sociali,
economiche e storiche, quindi impossibile da ricondurre ad un unico
fattore. Ma prima di andare a ricercare cause esterne e più
complesse che si intrecciano con le politiche di sviluppo in Italia
ed alle quali pure riconosciamo un peso rilevante, è bene
chiedersi se non ci siano stati degli errori gravi già in
fase di programmazione e di distribuzione degli incentivi e se a
questi non si sia aggiunta una scarsa volontà di far corrispondere
alle intenzioni i fatti. L'analisi degli incentivi industriali erogati
dall'intervento straordinario ha rivelato che in media un progetto
presentato da imprese settentrionali ha ricevuto il triplo delle
sovvenzioni rispetto a quelli presentati da imprese meridionali.
Le logiche che hanno guidato le politiche di sviluppo industriale
nell'intervento straordinario si ripropongono chiaramente anche
per l'intervento ordinario. Si prenda in considerazione la destinazione
dei fondi delle due maggiori leggi nazionali di incentivazione industriale:
la legge 675 del 1977 e la legge 46 del 1982. La destinazione degli
incentivi industriali si è rivelata di fatto funzionale solo
ai grandi gruppi industriali settentrionali. Il Fondo per la ristrutturazione
e la riconversione industriale, istituito dalla legge 675/77, la
quale, va ricordato, prevedeva la destinazione del 40% dei fondi
al Mezzogiorno, ha finanziato progetti per circa 5 mila miliardi.
Di questi solo il 10% circa appartengono ad imprese meridionali
e solo un quinto si riferisce ad innovazioni apportate in stabilimenti
ubicati nel Sud. Il Fondo rotativo per l'innovazione tecnologica
ha erogato in dieci anni circa 7.500 miliardi, il 90% dei quali
sono stati destinati al Centro-Nord ed il 70% alla grande impresa
industriale. Per quanto concerne il Fondo per la ricerca applicata,
relativamente agli anni 1984-1994, risulta che, per oltre l'88%
dei casi, le aziende che hanno ottenuto finanziamenti sono di proprietà
centro-settentrionale e nell'80% dei casi si tratta di grandi imprese.
Si delineano con chiarezza, passando dall'intervento straordinario
a quello ordinario, le caratteristiche della grande impresa "assistita",
che, parallelamente al piccolo imprenditore meridionale, riproduce
nei rapporti con lo Stato centrale distorsioni e relazioni che quegli
adotta a livello locale. La grande impresa può godere di
una legislazione ad hoc, che preveda agevolazioni di varia natura.
Per essa l'intervento statale diventa fonte ordinaria e sicura di
ricapitalizzazione, tanto da modificare il proprio modus operandi,
amplificando le funzioni "politiche" e "contrattuali"
rispetto a quelle imprenditoriali e di mercato. Esistono ed è
possibile individuare connessioni tra gli interventi statali a favore
di investimenti industriali nel Mezzogiorno ed intereressi delle
aree più sviluppate del paese? A partire dal 1976 le politiche
di sviluppo industriale nel Mezzogiorno subiscono una netta frenata,
non a caso ciò avviene in concomitanza con le pressanti richieste
di trasferire risorse alle imprese del Nord ed ai processi di ristrutturazione
industriale che esse attraversano. A partire dallo stesso periodo
acquista sempre maggiore peso l'intervento ordinario che si indirizza
quasi esclusiva-mente alle imprese del Nord. La generale carenza,
registrata durante gli anni ottanta e nei primi anni novanta, di
investimenti industriali nel Mezzogiorno ha dunque riguardato non
solo i privati ma anche lo Stato, dal quale ci si doveva aspettare
al contrario un impegno suppletivo. * In una ricerca pubblicata
nel 1992, Carlo Trigilia individua le principali voci a cui si indirizza
la spesa pubblica nel Mezzogiorno. La quota più rilevante
(46%) è quella riservata al sostegno dei redditi delle famiglie
(prevalentemente spesa pensionistica e per la cassa integrazione),
seguita dalla spesa corrente degli enti locali (spesa per il personale,
sanitaria e sociale) al 37%. Trigilia C., "Sviluppo senza autonomia.
Effetti perversi delle politiche nel Mezzogiorno", Il Mulino,
Bologna, 1992. |