Io
vi invidio, cari meridionali liberi di vivere dove siete nati e capaci
di prendere come cosa superflua l'amore per la vostra città,
per il vostro Paese. Noi, qui " deportati in Patria" e gli
altri fratelli emigrati verso lidi ancora più lontani, siamo
forse gli ultimi romantici, gli ultimi patrioti...i veri Meridionali
d'antica e civile stirpe, perchè nelle nostre valigie che corrono
con noi sù e giù per latitudini e longitudini d'altre
realtà, non manca mai, insieme a qualche ciuffo di peperoncini
rossi ed al sacchetto di fichisecchi , una scatoletta d'amore per la
nostra Terra.
Ogni volta - quando si può - per le feste comandate, noi aggiungiamo
al contenuto di quella scatoletta i nostri sogni e ci interroghiamo
su come e quanto sarà bello far ritorno a casa...alzare il coperchio
della scatoletta e far svaporare, inondandone strade e vicoli della
nostra città, quell'essenza d'amore che va a saldare come la
malta ,tra le pietre d'ogni casa e d'ogni muro, dei marciapiede e dei
pozzi, dei recinti e dei fabbricati, la nostra energia a quella del
nostro paese natìo...quasi volessimo lasciare il segno imperituro
del nostro passaggio, della nostra "toccata e fuga" di ogni
ritorno...quasi a voler dimostrare di partecipare alla continua costruzione
del nostro borgo. Di esserci, ancora e sempre!
Ci sembrano belle e preziose persino le cose che a voi danno fastidio
: le urla dei venditori ambulanti, il traffico....la vetustà
di certi servizi, la folla impertinente e quei tocchi di folklore, dei
quali voi vi vergognate.
E' facile riconoscerci tra la folla a passeggio, in centro; noi siamo
quelli che camminano sollevati per aria, quasi avessimo paura di calpestare
il suolo, per cui temiamo che il sogno dell'esserci ancora, del ritrovarsi
a casa, possa cessare frangendosi nel grido sommesso dello sbriciolarsi
di un pò di pietrisco o nello strazio di una carta stagnola gettata
lungo la strada, sotto le nostre scarpe...
E abbiamo quell'espressione da ebete. Sembriamo, costantemente, "stranieri"
in mezzo a voi.
E quando passiamo per il mercato, ci affidiamo al vento d'ogni profumo
che ci riporta al sapore delle nostre primizie, percorriamo la "via
delle spezie"; un frutto, un ortaggio evocano in noi poesia e ricordo,
sapore e tormento.
Noi siamo le memorie viventi della vostra storia. Ricordiamo tutto.
Cerchiamo con gli occhi case e botteghe che circoscrivevano i giorni
felici della nostra infanzia e giovinezza,qui...
Ogni qualvolta all'inventario della nostra memoria manca qualcosa -
una figura, una casa, un giardino, un negozio- per noi è come
una pugnalata e soffriamo atrocemente, senza darlo a vedere - per non
rovinarvi le feste comandate - magari continuando a passeggiare lungo
il corso, dispensandovi sorrisi e sguardi da ebete, smangiucchiando
golosamente torrone, pannocchie o semenza, a seconda della stagione
o della festa che cadenza ogni nostro ritorno.
Non potrete mai capire, fortunati fratelli, come il vostro diritto di
residenza in casa nostra vi abbia reso ciechi ed impassibili alle belle
cose che noi continuiamo a ritrovare ogni volta, ad ogni ritorno...Voi,
invece, vi lamentate costantemente per ogni inezia, per ogni inefficienza,
persino di voi stessi, tuttavia senza mettere il minimo impegno nel
rimediare in qualche maniera al vostro malanimo.
Non ho mai sentito un milanese parlar male di Milano o un Berlinese
parlar male di Berlino, eppure voi non fate altro che parlarvi addosso.
Perchè? Non lo fate più, vi prego. Abbiate rispetto di
noi; di noi che questa città, questo borgo, questo paesello,
ce lo coccoliamo ogni giorno tra le braccia; questa zona del nostro
più intimo dolore del quale ci arriva, spesso, il profumo di
spezie fino alle narici, soprattutto in quei lunghi e tristi giorni
dei lunghi e tristi inverni sprecati al buio del Nord.
Siamo noi, con i nostri ricordi, con il nostro amore, a tenere sempre
acceso il pallone del Sole sulla nostra città.
Siamo noi che dopo ogni "toccata e fuga", ci sentiamo sempre
più vuoti ed inutili. Figli di nessuno, senza Patria...perchè
voi, cari fratelli, spesso ci trattate come fossimo davvero stranieri.
Abbiate più rispetto di voi e del vostro paese. Questo, potrà
servire al rispetto della nostra perenne malinconia!
Marina
Salvadore (A.D. 2000)
|
|
|