In un freddo pomeriggio del 1894, il 27 dicembre, moriva ad Arco in provincia di Trento Francesco II di Borbone, ultimo Re delle Due Sicilie.
La dinastia borbonica finiva di governare le terre meridionali dopo 126 anni.
Dalla morte di Re Francesco nessuno ricorda più i Borbone se non come simbolo negativo del passato.
Mai come questo Re e con questa dinastia la storia è stata bugiarda e maligna.
 
126 anni di prestigio e di gloria, di arte e di cultura, di teatri e di fabbriche, di leggi e primati, di opere pubbliche e scavi archeologici, di ordine, sicurezza, ricchezza e generosità, sono stati cancellati dalla nostra memoria.
 
I Piemontesi, con la complicità interessata degli Inglesi e dei Francesi, invasero il pacifico Regno delle Due Sicilie che si estendeva dal Lazio alla Sicilia, su tutta l'Italia meridionale.
 
Francesco II, a 24 anni, si trovò a combattere una guerra inaspettata e non voluta contro i "fratelli italiani".
Nonostante il tradimento e la corruzione di molti, l'esercito napoletano lottò valorosamente con il suo Re e la sua eroica Regina Maria Sofia appena diciannovenne e si arrese dopo 93 giorni di assedio nella fortezza di Gaeta, all'alba del 14 febbraio 1861.
 
Migliaia di eroici cittadini del Regno delle Due Sicilie morirono sui campi di battaglia così come migliaia di uomini, donne e ragazzi furono fucilati nella campagne di tutto il Sud: li chiamavano briganti ma erano gli ultimi soldati, gli ultimi difensori di una storia, di una tradizione e di una cultura che sarebbero morte con loro, per sempre.
 
Ma come stavano prima di questa fatale unità d'Italia?
Certo non tutto era perfetto ma è pur vero che Napoli era la capitale di un Regno nato sette secoli prima. Insieme a Londra, Parigi e Vienna, Napoli era un punto di riferimento essenziale sia sul piano politico che culturale in Italia e in Europa e ora, all'improvviso, diventava una semplice provincia di un Regno lontano e nemico.
E' certo che nelle casse meridionali c'era il doppio dell'oro e dell'argento che possedevano tutti gli altri Stati italiani messi insieme.
E' certo che il Piemonte si portò via gli 80 milioni di ducati dalle nostre casse.
E' certo che le nostre fabbriche erano già più di 5000.
E' certo che le strade delle nostre bellissime città erano piene di turisti che venivano da tutto il mondo.
E' certo che i Piemontesi ci fecero pagare più del doppio delle tasse che pagavamo prima.
Solo dopo l'unità, per la fame, più di cinque milioni di emigranti lasciarono case, famiglie e terre che non avrebbero mai più rivisto.
 
Per le strade delle nostre città da allora turisti non se ne videro più.
Le nostre fabbriche, prima o dopo, furono tutte chiuse e noi ancora oggi compriamo e mangiamo, beviamo, indossiamo o utilizziamo solamente prodotti che vengono dal Nord.
E non si può dire che oggi i Meridionali vivano bene; il reddito medio del Nord è il doppio di quello del Sud; le dieci città più povere d'Italia sono solo città meridionali: tra disoccupazione e servizi disastrati, tra crisi e crolli di sistemi e di ideologie, per i nostri ragazzi non si prevede un futuro roseo.
 
Ebbene, dai libri delle elementari a quelli dell'università, ci sentiamo ancora raccontare il contrario di quella che è la verità storica: in 141 anni ci hanno fatto vergognare di essere meridionali; ci hanno detto che i nostri dialetti erano "volgari", che le nostre tradizioni erano selvagge, che "meridionale" o "borbonico" voleva dire arretrato, nostalgico, ignorante, incivile.
 
Abbiamo iniziato così, come già scrisse Tacito duemila anni fa, ad "ammirare il loro modo di vivere, di vestire o di parlare, dimenticando il nostro e pensando che quella era la civiltà, mentre era solo un'astuzia per dominarci".
 
Fino al 1860 i cittadini del Regno delle Due Sicilie erano rispettati e stimati in tutto il mondo perché cittadini di un Regno antico e prestigioso, il Regno dei Normanni, degli Svevi, degli Angioini, degli Aragonesi.
Erano rispettati e stimati perché sudditi di un Re appartenente alla dinastia borbonica, una dinastia antica e capace di governare con saggezza e amore.
 
Carlo di Borbone
Ferdinando I
Francesco I
Ferdinando II
Francesco II
 
Su tutto questo il peso insopportabile della distruzione della coscienza storica, della cultura, della tradizione, della nostra identità; il dolore della distruzione delle nostre bandiere bianche coi gigli d'oro come del nostro inno, di tutti i simboli rispettati ed amati dell'antica e gloriosa nazione napoletana.
 
I Borbone mostrarono tutto il loro orgoglio e tutta la loro dignità di Meridionali fino alla fine, sugli spalti di Gaeta, comportandosi da eroi e combattendo giorno e notte sotto il fuoco violento ed incessante degli invasori piemontesi.
Volevano difendere, fino alla fine, 126 anni di una storia gloriosa e splendida, 126 anni di storia e soprattutto di civiltà borbonica.
Francesco II andò via da Napoli, tra lacrime e abbracci, per evitare un massacro tra la sua gente, quella gente che conosceva così bene, di cui parlava la stessa lingua.
 
 

In molti si arricchirono con l'Unità d'Italia, i Borbone no.
Francesco II, il piccolo Francesco o "Franceschiello", come lo chiamavano affettuosamente, andò via dal suo Regno senza portare via con sé neanche un soldo suo.
Lo Stato italiano non gli restituì mai (e non lo ha fatto fino ad oggi) i beni che appartenevano alla sua famiglia.
Essere borbonici significa aver capito la storia. Essere neoborbonici significa aver capito la storia con tutta la voglia e l'ansia di costruire una storia nuova sulla base di quella antica, per tutta la gente del Sud.
Certo l'epoca borbonica non fu I'"età dell'oro", né si può dire che avremmo vissuto un'"età dell'oro" se la dinastia borbonica avesse continuato a regnare, ma nessuno può mettere in dubbio che in quel freddo inverno di 141 anni fa i Popoli del Sud cessarono di essere dei veri Popoli, 141 anni fa il Sud cessò di essere una vera nazione: cominciarono a spegnersi sugli spalti di Gaeta la coscienza e la memoria storica di una civiltà intera che, greca o latina, normanna o sveva, angioina o aragonese, aveva sfidato i secoli e la storia.
Qualcuno ci definirà "nostalgici" ma come si fa a non esserlo camminando per le strade delle nostre città stravolte e degradate o passando davanti ai nostri antichi palazzi, alle nostre chiese, ai nostri monumenti perduti e dimenticati?
Si, siamo nostalgici e siamo fieri di esserlo. Solo che la nostra non è e non sarà una nostalgia "sterile".
Oggi più che mai è necessario capire la storia, a prescindere da ideologie o preconcetti.
Oggi più che mai è necessario capire quali sono le cause vere del tragico presente dei Meridionali e quali sono le strade per un futuro migliore.
Il sistema e l'ideologia che hanno fatto la nostra politica e la nostra cultura per più di un secolo hanno dimostrato tutta la loro disonesta falsità.
I politici e gli intellettuali meridionali per più di un secolo chiusi nel loro sprezzante isolamento hanno infangato la memoria della Casa Borbone-Due Sicilie, ma hanno dimostrato tutta la loro incapacità di rappresentare e di amare disinteressatamente il Sud.
Onestà, dignità, lealtà, coraggio, religiosità, saggezza, rispetto per la storia, amore per l'arte, affetto per le terre e i popoli delle Due Sicilie: erano queste le caratteristiche fondamentali di tutti i Re Borbone di Napoli.
Forti di questi esempi e di questi simboli, forti di idee e di valori nuovi, possiamo e dobbiamo liberarci di sistemi e di ideologie che già stanno crollando rovinosamente e che sono colpevoli di avere distrutto il passato e il presente di un popolo intero e di averne compromesso anche il futuro.
Ricostruiremo la nostra memoria storica, ricostruiremo il nostro orgoglio di essere meridionali e inizieremo a camminare, insieme, per la lunga strada verso la salvezza della nostra antica nazione, della nostra antica dignità.