Questa, di" marinella" è la storia vera. E' la storia vera di cento "marinella" abusate.

Nata sul mare in odor di libeccio, si pasceva inconsapevole di cotanta fortuna di natali, sdraiata pigramente sulla marina, scrutando le meraviglie all'orizzonte. Di tanto, un orecchio teso al clamore pittoresco della città che respirava autonomamente alle sue spalle. Completamente da ella ignorata.
Albe e tramonti conditi di salmastro, goduti ai piedi di messer Vesèvo, nume tutelare della sua identità focosa, passionale ma idealista.
Fu proprio per amore che, seguendo un principe azzurro in esilio, si ritrovò lassù al nord, in una pianura, lontana dal mare e dalle spiagge…senza neppure di contorno l'ombra di un declivio che somigliasse al profilo di un ridotto messer Vesèvo.
Sognava di tornare, un giorno, con il suo principe alla sua marina. Sarebbe stato un giorno trionfale…Sognò per lunghi anni di lunghe notti lo stesso sogno…fin quando il suo principe morì in terra straniera, là nella palude, dove non v'è il mare; dove non v'è il cielo del colore del suo manto regale…
Passarono altri lunghi anni, asfittici, fatti di lunghe notti senza più sogni ne' desideri. La marina era sempre lì ad attenderla ed anche messer Vesèvo…e il silenzio dell'oblio riusciva persino a coprire, certi giorni, il clamore della città "alle spalle" che continuava imperterrita ad espandersi di uomini e case sulle colline circostanti.
Poi, un giorno, un flebile segnale napoletano, come note sparse di un canto antico che ella cantava da bambina, le giunse all'orecchio lungo il cavo di un moderno apparecchio rice-trasmittente, al quale viveva attaccata da qualche tempo - come ad una flebo - per riuscire a sopravvivere alla "pucundria".
La voce era suadente, il verbo colorato e colorito. Tanto bastò a riportarla ai sogni sognati d'ogni notte di quel lungo tempo della sua vita sospesa. Cessò l'oblio, il silenzio. Si accese una speranza, insieme con un raro sorriso. Quella voce dall'accento familiare fu un vero e proprio richiamo del più esperto dei cacciatori di frodo.
D'azzurro non aveva il mantello ma lo sguardo e "marinella" tralasciò l'avvertimento paterno circa la falsità degli occhi azzurri, delle sopracciglia "a lupo"…di altri particolari della fisionomica, saggia scienza cara al padre…una commistione d'intuito e cabala, d'antica tradizione; non certo quella teoria razzista cara al Lombroso!
Intanto, al nord, lei aveva ripreso a sognare la marina, l'acqua salata a lambirle i piedi, messer Vesèvo messo di quinta nella cartolina del suo ricordo.
Il richiamo si fece insistente, erotizzante: nelle notti in pianura le arrivava alle nari il salmastro e il profumo dell'alga sfinita, sempre più intenso. Difficile resistere. Difficile da far capire ai nordici di palude. Osservando il cielo bigio sulla piana, le nuvole - immagini ipnagogiche - prendevano la forma di velieri, di sirene, di capodogli, e cambiavano il profilo in Capo Miseno, Procida, Capri, Nisida…come in un caleidoscopio. Difficile resistere alla rinnovata malia del golfo di Partenope.
La "marinella" era ancora tanto bella… ed ingenua come una ragazzina. Non v'era malizia in lei, ma sana selvaticità, felice istinto, vigore che corrispondeva ad energia pulita. Aveva soprattutto dignità e generosità, accresciutesi nel dolore e simili ad una speranza universale di bene, scevra da inganni e da artifizi di sbuffi barocchi e roccocò. Le linee pulite di una cattedrale gotica erano le strade della sua coscienza.
Si tuffò, un giorno. Al suggestivo richiamo di accorate promesse d'azzurro e salmastro, di albe e tramonti, si rituffò nel suo passato, laggiù in fondo… dove amore si scrive e si pronuncia col rafforzativo bugiardo di due "emme", AMMORE! Senza rete ne'salvagente. Munita solo del suo paia di fragili ali da libellula. Si tuffò.
Occhi Azzurri, il bardo, viveva nella casba della città ch'ella non conosceva e che ricordava di avere avuto sempre alle spalle. Egli viveva - e gli piaceva…oh quanto gli piaceva - nell'assordante clamore del folklore passionale locale, tipico di un'epica vajasseide, nel cui teatro era attore protagonista; narcisista e bugiardo…proprio come un attore.
Suscitò scalpore, nella sua casba personale, l'arrivo della "marinella" d'importazione, oggetto di invidie, gelosie, pettegolezzi inverecondi, vessazioni…che rendevano lui più "popolare" nel pollaio di vajasseide; lei, sempre più sola…e sempre più sensibile al fascino del mare aperto.
Occhi Azzurri l'amava a modo suo, convinto che solo il POSSESSO testimoni apprezzamento e attaccamento ad un essere umano; lei chiedeva AMORE…con una sola "emme"…chiedeva d'essere portata alla marina, foss'anche di notte, per farsi lambire i piedi dall'acqua, per …ripristinare il "contatto" con la sua natura. Chiedeva di poter vedere una luna piena a cielo aperto, in asse con l'orizzonte, e non sempre dal balconcino di una casa della casba, inseguita dolorosamente con gli occhi tra i tetti, le antenne, le insegne pubblicitarie ed i bucati stesi ad asciugare tra un maestrale ed uno scirocco. Chiedeva di poter entrare, ancora una volta, in una cartolina col messer Vesèvo messo di quinta al panorama che aveva amato e… TANTO.
Era ritornata a Megaride, la "marinella", ma non era riuscita neppure a sfiorarla con un dito… ne'con la coda dell'occhio. Mai!
Non se n'era accorta, presa com'era dalla forza accecante della sua natura sensibile, d'essere finita reclusa in una palla di vetro…di quelle che, capovolgendole, fanno pure la nevicata di brillantini, per la gioia dei piccini e degli amanti egoisti.
Una palla di vetro contenente uno scoglio, un cielo stellato, un delfino guizzante ed il mare dipinto sul fondo. Al centro, seduta sullo scoglio, lei…sempre più grigia ed asfittica, nonostante i luccichini d'oro della nevicata…
Lei, il "premio" Rarità, inutile trofeo incastonato in un sacello di vetro, in una collezione di palle di vetro posta sul comodino da letto di una camera di una casa della casba nella città che non conosceva e che l'era cresciuta, vorace e cattiva, alle spalle!

Marina Salvadore (A.D.2006 - 06)

In memoria della perduta amica Marinella B. che prima di andarsene scrisse su un biglietto del tram
"porto con me solo la musica, il mare e gli occhi buoni d'un cane".