Chi ama Napoli ha intima
consapevolezza che Napoli esiste oltre ogni volgare luogo comune, oltre
ogni pittoresco folklore, oltre la menzogna storica istituzionale,…oltre
l'offesa dell'ignoranza e del tempo.
Chi ama Napoli è ancora capace di vederla pulsare di vita nelle
antiche profondità del suo corpo di giallo tufo imbibito di sole,
di respirarla sulla superficie del sacro calice d'acqua salata del golfo,
di annusarla lungo il sentiero delle spezie che cinge come corona il suo
cuore ardente di vigne, di agrumi, di arte, di storia… profumato di umano
genio e di tuberosa; frutti e fiori…RADICI della sua fertile terra vulcanica.
Silenzio! Napoli parla a chi sa ascoltarla
e racconta …
"Sono nuda di panni eppur vestita
di sale e d'acqua, di fuoco e di vento e dall'eternità le mie
ali leggere e possenti trattengono nel fiero abbraccio questo cristallo
di Paradiso, caduto sulla Terra direttamente dalle mani congiunte di
Dio.
Io sono l'Angelo... il Deva, lo Spirito Immortale... La Stella… la Sirena;
ora il Castello su Megaride… ora Nisida perduta dalle braccia di Posillipo…
quindi il Faro di questo luogo che mi fu affidato. Ho i mille nomi che
mi hanno imposto e altrettanti volti; ognuno coniato nel tempo… dai
"tempi" dei Mortali.
Vi fu chi, tra gli eroi omerici, mi scorse tra i flutti di questo mare
turchino e di metallo o tra le nuvole arancio e viola di questo magnifico
e terribile Cielo Meridiano... o, anche, tra le pieghe della costa frastagliata
che qui si lancia - in lungo e in largo - dall'alito caldo di messer
Vesèvo nell'abisso, in rapido balzo giù per le chiome
dei pini, tra i rovi e la ginestra, tra vestigia di rocche, ricordi
di pizzi e merli di templi e castelli decaduti, per sfiorare più
in basso gli odorosi agrumeti a mezza costa, vigne e pergole, tra le
cupole di mosaico e d'oro zecchino delle chiese ed i tetti di rame e
coccio dei monasteri… per affondare le membra giù in fondo, nei
dolci giardini di fiori e spezie, palmeti, gerani, affatate piantine
di cetrangolo e fichi d'india, distribuiti tra sfarinate di casarelle
linde e austeri palazzi, su e giù per scale, vicoli e scese…
eppoi, per numerose torri, grotte, insenature e fiordi delle minuscole
marine, tra barche e reti di pescatori, a gloriosa corona dell'orlo
dell'abisso Mistero Mare.
Altri, mi munì d'ali d'uccello e mi rassegnò a popolar
colonie di strigi piumate sulle pareti scoscese della costiera e sui
minuti isolotti ... oppure mi appellò regina delle Sirenuse,
quando alle ali gallinacee e agli speroni impietosi gli uomini preferirono
il fasciarmi in un corpo invitante di donna, dal canto suadente e dalla
coda pescina, perfidamente seducente perché impenetrabile, asessuata,
contronatura, priva di fertile ventre...
Oh! Quant'è vero che la bellezza pura incute più gelido
orrore della mostruosa bruttezza! Non vi è forse più familiare
l'Ade di questo sfolgorante Paradiso, che voi osate definire accecante?
Sempre e in ogni modo mi hanno percepito magnifica e terribile, come
magnifica e terribile è la suggestione immutata di questo luogo
che, invece, stringo materna quale delicata creatura sul mio petto pulsante
all'unisono col pulsar delle stelle ed al ritmo incessante del respiro
del mare; talvolta, ninnandola al suono di conchiglie e corni, d'antiche
cetre, liuti, flauti ed archicembali; tal' altra sollazzandola col tamburello,
il triccaballacche, il putipù e la voce di un posteggiatore che
accompagna e che racconta l'amara storia del diletto figlio adolescente
Corradino o di uno dei tanti Masaniello "nemo propheta in Patria"...
Di quando - a questa creatura - rammento il suo antico censo marinaro,
di quand'aveva la flotta più imponente del Mediterraneo ed anche,
forse, d'Europa... ed allora improvviso sale, come da canne d'organo,
una musica trionfale: è il dio del vento che sfiora con le sue
lunghe dita i pinnacoli e le guglie delle nobili magioni arroccate sotto
un cielo di stelle, laddove la storia di Napoli da qui s'innalza come
preghiera al Cielo, quale una cattedrale gotica scolpita dalle note
e dai silenzi dei fasti di una musica divina. Lo sciabordio nelle marine,
la risacca, la spuma sulla battigia della calma, la tempesta e il fragore
dell'onda, il frangersi dei legni sugli scogli, ….l'urlo vetroso del
pietrisco… Lo scalpiccio di sandali dei milioni di antichi passi sulle
scese del Decumano… Il crepitar dei fuochi di taverna, in un presepe
affollato di San Gregorio Armeno… il vociare scanzonato dei bottegai:
così è qui composta l'orchestra ed il coro di Dio!
Io sono l'Angelo in piedi sull'ago della tua bussola, segno il Sud tra
i petali odorosi d'Oriente della Rosa dei Venti che punta sempre il
vorace Nord geloso.
Io sono l'anima della fornace che cuoce i pani per il desco, le misere
terraglie per le umili dimore e le pregiate maioliche variopinte per
i ricchi templi.
Sono lo scrigno di mille meraviglie… il forziere forzato dai ladri d'ogni
tempo e d'ogni guerra.
Sono il genio che muove le mani del vasaio, del teatrante, dell'artigiano
di mille nobili mestieri ormai scomparsi; quello che dirige le mani
del direttore d'orchestra nel tempio del San Carlo ed a San Pietro a
Majella e quelle che infilano l'ago che a Mergellina e a Coroglio ripara
con pazienza le reti e le vele sulla spiaggia…
Sono l'argento dei guizzanti pesci del mare e delle mandolinate lune…
piene di milioni di stelle… la farina e l'acqua e il vento che mescolano
nel tripudio a Cerere la sacra libagione del frumento.
Sono la luce del Sole ardente, il plasma trasfuso ai succosi frutti
delle limonaie, il fuoco dell'elisir di lunga vita, racchiuso religiosamente
in ampolle, come reliquia vivente del santo patrono di questa Terra.
Pigio il torchio delle profumate cartiere e con inchiostro trasparente
d'acqua di mare scrivo sulle migliaia di fogli, odorosi di fiori campestri,
tutte le storie della incredibile Storia di quest' ameno luogo.
Io sono - assieme - l'eccelso spirito di Partenope e la carnale sua
serva Napoli!
Ho il potere, da millenni, di risvegliare dalla catarsi i dormienti,
i misogini odissei, gli ignavi, gli indifferenti, i distratti, suscitando
con il fulgore della mia spietata bellezza e con il fuoco di questo
cristallo di Paradiso, lo sgomento, la scossa, l'"insulto opossico"
necessario ad ogni creatura che deve rinascere al mondo superiore, alla
consapevolezza… alla maestosità di Dio, perché non si
perda in eterno nel vuoto infinito della bestemmia di un Limbo o vaghi
esule morto vivente nella Terra di Mezzo dei suoi dèmoni istinti.
Io, spezzo il fiato! Rigenero!
Tu, invocami se m'ami…Nelle tue tristi notti forestiere CHIAMA NAPOLI
ed io, Partenope, verrò a regalarti una carezza, una canzone…la
promessa di un ritorno e… un sogno."
Marina Salvadore (A.D.
2005-10)
http://www.consorziotaxinapoli.it
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