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Cari Savoiardi
Ho letto e riletto libri e testimonianze
sull'Unità d'Italia. Praticamente, nuoto nel mare di quell'infamia
ogni giorno, da anni e cerco con la lanterna nel buio della menzogna.
Il buio, un po' si è attenuato all'alba della verità storica
ma una domanda - sempre, la stessa - mi assilla. E non v'è risposta.
Mi chiedo e vi chiedo circa l'insana follia di certa truppa e ufficialanza,
capitanate dalla fiera nobiltà e da un Galantuomo - gente di
prestigio, scicchissima - che pensarono di mescolarsi con la miseria
e la volgarità dell'incivile popolo di un Regno oscurantista.
Non ci posso pensare - impazzisco nel dubbio - ma perché mai
Les Seigneurs vennero ad imbrattarsi nella nostra porcilaia? Per quale
oscuro destino,filato dall'invidia degli Dei, costoro furono costretti
alla catarsi, alla discesa agli inferi, alla bestemmia stessa della
loro grande civiltà e grandeur? Il fato è un luogo arcano
sul sentiero dell'esistenza , è la trappola della certezza e
della solidità dell'essere ed è anche, infine, il dubbio
che assilla gli illuminati e che partecipa dello spegnimento della saggezza.
Il punto di coesione del cristallo più terso, ferito dalla punta
di un ago, si annienta in mille schegge di frenesia
vorrei comprendere,
signori del Galantuomo, quale fu l'apoteosi della frangibilità
delle vostre menti che vi portò a scendere verso le remote piazze
di un Paese arretrato e gretto, per mescolarvi ai malfattori, ai briganti...alla
genia più abbietta che l'umanità abbia partorito. E poi,
vorrei conoscere la qualità dei vostri sentimenti quando, allo
scoccare di quel 1861, lavati, asciugati e stirati, dopo quello immemore
bagno di sangue, vi ritrovaste a tirare le somme della più grande
miseria altrui aggiunta alla vostra, come andate dicendo da circa un
secolo e mezzo.
Signori Savoiardi, perchè voleste prendervi sì tanta cura
di mandrie di irriconoscenti bifolchi mai domati?... Avrebbero mai potuto
apprendere da voi qualcosa di buono, quei cervelli che il dott. Lombroso
definì irrimediabilmente crema di marmaglia, feccia? Perduti!
La vostra generosità non fu mai compresa, fratelli d'Italia e
per operare il bene in favore altrui, vi trovaste mescolati ed appestati
tra quei selvaggi che, ancora oggi, non vi reputano meritevoli di un
gesto umano, di un grazie...
Chissà quante lacrime amare pianse il Vostro Signore Galantuomo,
per aver fallito nel suo progetto caritatevole; Egli, il vostro Gran
Munifico, che intese solo salvare dal-l'abominio e dalla perdizione
una trucida compagine che di umano aveva solo il sembiante...
Cari Fratelli, ma perché siete calati in quella giungla senza
Dio ch'era e che rimane il Meridione? Se non c'era nulla da salvare,
nulla da prendere, chè solo briganti, mafiosi, emigranti, ignoranti
e poveri idioti, perché non siete rimasti a Nord dell'inciviltà,
a contemplare estaticamente tutte quelle meraviglie di cui dicevate
d'essere unici dispensatori?... Ci portavate la libertà, la carità,
la "fratellanza", a mani piene...Non fummo in grado di capirlo.
Ma di Noi io ho conoscenza e so e prevedo e non v'è accenno di
speranza in me; invece, di Voi, mi meraviglia il senso di quell'impresa
disperata e fallimentare, laddove non riesco a comprendere i moti delle
vostre anime belle, votate all'olocausto della vostra specie! Perché
dei SIGNORI han voluto mescolarsi a dei FARABUTTI? Se qualche superstite
tra voi fosse in grado di spiegarmelo, morirei più serena, oggi
che senza Patria, per merito vostro, la maturità dell'età
mi fa valutare i grandi benefici scatu-riti dall'azione sublime dell'
avermi voluta strappare via da quella insana terra ove ebbi a nascere
e dove sarei rimasta naturalmente a dipanare la mia esistenza se non
avessi scorto nel vostro antico sacrificio quella felice intuizione
della trasmigrazione.
Lo so, inventaste la pulizia etnica e la diaspora solo perché
un giorno io e qualche altro "fortunato" potessimo dichiarare
d'essere liberi cittadini del Nord... Per emanciparci! Torno con la
mente ai miei fragili ricordi di bambina; perdonate, se quella bambina
sapeva essere i Savoiardi solo degli squisiti dolcetti lunghi e morbidi
come l'ovatta e non una stirpe d'uomini fieri...Ero golosa, nei giorni
del Carnevale, proprio di quei savojardi che intingevo nella specialità
della festa pagana, il Sanguinaccio. Ricordo il sapore inconfondibile
del Sanguinaccio napoletano, mi pareva di amalgamarmi e di perdermi
in quel sentore di cioccolato squisito, morbido, scuro.. quello che
è stato sostituito dalla vostra Nutella del Piemonte...
Poi, un giorno, chiesi a mio padre perché una cosa tanto buona
avesse un nome tanto orribile e lui mi disse che il nome gli derivava
da un ingrediente : il Sangue! Sangue di maiale, probabilmente!
... Non assaggiai mai più il Sanguinaccio, però - ora
che ci penso - quel dolce "sacrificale" forse era l'esatto
ricordo ancestrale di una genia, l'ingrediente rituale del rito pagano
di una tribù, una "memoria collettiva" rappresentata
attraverso elementi magici, per non dimenticare. Mai!...Altrimenti,
che senso avrebbe avuto "pucciarci" solo ed esclusivamente
i Savoiardi in quel Bagno di Sangue carnevalesco? Nel mio Sanguinaccio?
(Marina Salvadore "I Preziosi delle Due Sicilie)
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